Piani urbanistici particolareggiati
Sui trasferimenti si cambia registro
L’aliquota dell’1% resta solo per gli immobili destinati all’edilizia residenziale convenzionata pubblica
Con la legge di conversione del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, il legislatore ha reintrodotto, per la sola edilizia residenziale convenzionata pubblica, il regime fiscale agevolativo per il trasferimento di immobili che rientrino in piani urbanistici particolareggiati.
Il Dl n. 223 del 2006 aveva abrogato il comma 3 dell’articolo 33, legge 23 dicembre 2000, n. 388, che disponeva l’applicazione dell’imposta di registro nella misura dell’1 per cento (nonché delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa) per i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati.
La norma abrogata parificava le condizioni di acquisto fra il costruttore che comprava il terreno da un soggetto passivo Iva e quello che l’acquistava da un soggetto privato.
In assenza di tale disposizione, il primo può recuperare l’imposta (Iva) attraverso la detrazione, mentre per il secondo l’imposta di registro pagata diventa un costo che finisce, ineluttabilmente, per essere ribaltato sugli acquirenti.
L’abrogazione della disposizione agevolativa è stata determinata dalla constatazione (come risulta dalla “Relazione al D.L. 223/2006 sulle liberalizzazioni”) che il combinato disposto dell’articolo 76 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (con il quale era stato chiarito che l’agevolazione doveva intendersi riferita anche ai casi in cui l’acquirente non disponesse in precedenza di altro immobile compreso nel piano urbanistico particolareggiato), con il comma 3, articolo 33, della legge n. 388 del 2000, aveva dato vita a una disciplina che, stravolgendo la ratio dell’originaria norma, aveva esteso l’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota dell’1 per cento e delle imposte ipocatastali in misura fissa alla generalità dei trasferimenti di immobili ricompresi in piani urbanistici particolareggiati.
Con la legge di conversione, l’agevolazione resta in vigore, come anticipato, esclusivamente in quei casi in cui ricorrano un insieme di presupposti.
In particolare, deve trattarsi di trasferimenti di immobili, compresi in piani urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione dei programmi in cui esclusiva o prevalente sia l’edilizia residenziale convenzionata pubblica, e per la cui realizzazione sia stato stipulato un accordo con le Amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione.
Per edilizia residenziale pubblica convenzionata deve intendersi quella finalizzata alla costruzione di case da cedere, in proprietà o in locazione, ad acquirenti o conduttori che rientrino nelle cosiddette fasce protette, a un prezzo inferiore a quello di mercato.
La “convenzione” che deve essere stipulata fra il Comune e il costruttore, che è condizione indispensabile per ottenere il permesso di costruzione o per presentare la Dia, deve indicare:
La reintroduzione dell’agevolazione vuole avere, oltre all’evidente contenuto di natura sociale volto a risolvere (o almeno arginare) l’emergenza abitativa, una funzione di stimolo, nei confronti dei costruttori, a impegnarsi nell’edificazione di abitazioni destinate a una fascia della popolazione, piuttosto vasta, che non è in grado di accedere a un mercato immobiliare che impone prezzi sempre più elevati.
Il riferimento legislativo alla “prevalenza”, che nell’area oggetto della convenzione deve essere riservata all’edilizia residenziale pubblica, fa intendere chiaramente che, con la misura in esame, si è voluto incentivare, attraverso la possibilità di realizzare più alti margini di profitto nella parte di area ceduta dai Comuni e non destinata all’edilizia residenziale pubblica convenzionata, l’impegno dei soggetti privati.