È una delle indicazioni contenute nel Rapporto Svimez 2007 presentato a Roma nella sede dell’Abi di Palazzo Altieri
Il Rapporto, partendo dalle nuove linee della politica industriale delineate in Industria 2015 e recepite in gran parte nelle disposizioni della Finanziaria per il 2007, sofferma l'attenzione sul rinnovamento degli strumenti di politica regionale e sul valore delle politiche di sviluppo.
Le coordinate di un nuovo impegno per il Mezzogiorno potrebbero essere individuate coniugando le misure da attuare con azioni a lungo termine di politica settoriale. È una delle indicazioni contenute nel Rapporto Svimez 2007 sull’economia del Mezzogiorno presentato oggi a Roma nella sede dell’Abi di Palazzo Altieri. In termini pratici questo significa che il rilancio delle politiche di attrazione passa per un complesso di strumenti più ampio della pura e semplice fiscalità di vantaggio.
Un disegno nazionale a lungo termine
Il Rapporto, partendo dalle nuove linee della politica industriale delineate in Industria 2015 e recepite in gran parte nelle disposizioni della Finanziaria per il 2007, sofferma la propria attenzione sul rinnovamento degli strumenti di politica regionale e sul rilancio delle politiche di sviluppo. Una strategia a doppio binario che implica il pieno inserimento della parte più evoluta del tessuto industriale meridionale negli istituendi progetti di innovazione industriale per rafforzare i poli di sviluppo esistenti e incrementare le economie esterne che possono creare a tutto vantaggio di aree più vaste; un più intenso accesso alle residue leggi di agevolazione nazionale il cui obiettivo è favorire la crescita dimensionale, l’internazionalizzazione, la ricerca e l’innovazione facendo leva sull’utilizzo dello strumento delle reti d’impresa; la conservazione della legge 488 del 1992 almeno sino al momento di concreto sviluppo delle linee di azione enunciate; il consolidamento di una qualche fiscalità di vantaggio in grado di compensare in tempi non brevi le perduranti diseconomie esterne; un rilancio delle politiche di attrazione che deve essere sorretto da tutte quelle politiche nazionali capaci di garantire la difesa della legalità e la certezza del diritto.
Il ruolo e la forza degli investimenti esteri diretti
Di fondamentale importanza, si legge nel Rapporto, l’accesso agli investimenti esteri diretti per la capacità di "innescare un processo virtuoso di avvicinamento alle economie più avanzate". Oltre a sostenere lo sviluppo, gli Ide possono infatti favorire la formazione di filiere produttive, sostenere la crescita dimensionale delle Pmi, contribuire a determinare uno spostamento della struttura produttiva verso i settori più innovativi e dove la domanda mondiale è più dinamica. E anche su questo punto il Rapporto sottolinea come a differenza di altri Paesi europei, l’Italia non abbia mai perseguito stabilmente una specifica politica di attrazione degli Ide tantomeno indirizzata al Sud. Sin qui la critica. Il Rapporto non si limita soltanto a denunciare ma fornisce anche indicazioni utili su come sia possibile attirare gli Ide considerando improcrastinabile muoversi in due direzioni. La prima favorendo gli interventi di contesto, i contributi alle imprese e gli incentivi fiscali. La seconda agendo sulla duplice leva del riconoscimento interno e della visibilità all’estero. In altri Stati europei, ad esempio, le politiche di attrazione sfruttano le potenzialità insite nell’offerta di pacchetti che integrano gli incentivi finanziari e fiscali con servizi di tipo consulenziale, programmi di realizzazione di infrastrutture e servizi di altercare vale a dire di assistenza agli investitori anche nella fase successiva al loro insediamento sul territorio.
Crescita inferiore rispetto ad altre aree deboli dell’Ue
Se il Rapporto conferma che nel 2006 il Sud è cresciuto dell’1,5 per cento con un incremento pari a oltre quattro volte quello realizzato dal 2002 al 2005 con una dinamica che, però, per il quarto anno consecutivo risulta inferiore al centro-nord, è anche vero che i numeri risultano meno positivi se comparati alle dinamiche economiche degli altri Stati europei. Il tasso di crescita dell’economia meridionale è stato inferiore di tre volte quello della Spagna, di quattro volte quello dell’Irlanda, di cinque volte quello della Grecia. Dal 2000 al 2006 nei nuovi Stati membri il Pil è cresciuto di oltre il 5 per cento a fronte di un modesto 0,4 per cento nel Mezzogiorno. Inoltre tra i nuovi Paesi membri, si legge nel Rapporto, Slovenia, Ungheria, Estonia e Repubblica Ceca hanno già raggiunto nel 2006 il livello di sviluppo del Mezzogiorno.
Un Mezzogiorno in ripresa all’interno di un Paese che cresce
È una delle altre fotografie scattate dal Rapporto cui si accompagna, però, anche il timore che senza riforme strutturali possa essere messo a repentaglio il processo di sviluppo. Quasi tutti i settori produttivi registrano segnali positivi anche se inferiori al centro-nord. In particolare l’industria a +1,5 per cento (2,5 per cento centro-nord), l'edilizia a +1,4 per cento, i servizi a +1,3 (centro-nord 1,7 per cento). Altro dato interessante è quello relativo alla quota di spesa pubblica in conto capitale che nel Mezzogiorno è passata dal 40,6 per cento del 2001 al 36,3 per cento nel 2006 e che non raggiunge neppure il peso naturale del Mezzogiorno pari al 38 per cento circa.
Difesa della legalità, certezza del diritto, competitività
Nel 2006, secondo i dati forniti dallo Svimez, sono cresciuti i tentati omicidi (+8,7 per cento) le estorsioni (+5,9 per cento) mentre in calo risultano gli omicidi volontari. Inoltre su 109 omicidi ben 108 sono riconducibili alle mafie (dati 2005) e su 150mila commercianti in Italia stretti nella morsa degli usurai la metà si concentra tra Lazio, Campania e Sicilia. Anche l’indice di potenzialità competitiva che prende in considerazione la dotazione di reti e infrastrutture, la propensione all’innovazione, la ricerca e lo sviluppo, la qualità e l’investimento nelle risorse umane, la vitalità economica del tessuto produttivo risulta inferiore di 30 punti alla media Ue nell’area Ue. Tutti questi indicatori sono fondamentali per attrarre gli investimenti e, di conseguenza, rilanciare l’area meridionale.