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19.10.2010 - PROCESSI VELOCI? NON E' UNA MISSIONE IMPOSSIBILE
da "L'inClemente", del 15 ottobre 2010, Rubrica del Nazione-Carlino-Giorno
 
Giustizia, ospedali, ricerca e scuola sono certamente il fulcro di un Paese civile che funziona. E da noi, per responsabilità antiche che investono tutti i governi, le cose purtroppo non vanno bene, e non da oggi. Sono settori nevralgici per i quali occorrerebbe, una volta per tutte, una inversione di marcia, con riforme drastiche e coraggiose. Ma qui nascono i problemi. Tutte le forze politiche, trasversalmente, le auspicano, le mettono al centro dei rispettivi programmi elettorali, ma poi, per evidenti scelte ideologiche, ci si divide e tutto si arena. Intanto, i cittadini, sempre più disaffezionati, continuano ad attendere una giustizia più efficiente, ospedali che funzionano, investimenti reali sulla ricerca e per la scuola. Un esempio, per esperienza diretta, mi viene proprio dalla giustizia. Un settore che per quasi due anni mi ha visto impegnato in prima persona e che ho cercato di affrontare sia pure tenendo conto delle più che ridotte risorse economiche a disposizione del Ministero. L’ho fatto nella consapevolezza che compito della giustizia è soprattutto quello di “servire” esclusivamente il cittadino-utente. Sia esso vittima, testimone, imputato, avvocato. Nel mio piccolo qualcosa mi sono sforzato di avviare, cercando di superare burocratismi, lentezze, inefficienze e puntando ad un miglioramento complessivo del “sistema giustizia” in Italia attraverso una sua migliore e più moderna organizzazione. Ma poi, paradossalmente, la vicenda giudiziaria che mi ha investito ha messo un freno al progetto. Eppure, continuo ad essere convinto che una giustizia efficiente sia ancora possibile e che una sua radicale riorganizzazione avrebbe riflessi positivi anche sulla lunghezza dei processi. Non a caso si è lavorato, in quegli anni, proprio sulla loro durata puntando sui cinque anni: due in primo grado, due in appello ed eventualmente uno in Cassazione. Anche oggi non la ritengo un’impresa impossibile. Gli uomini ci sono e le idee pure. Serve la volontà. Una volontà politica che, di fronte all’attuale sfascio, metta da parte gli interessi particolari e avvii una seria riforma. Perché una cosa è certa: Una “nuova giustizia” è destinata inevitabilmente ad essere anche una giustizia più celere e quindi più giusta. Un processo riformatore di questo genere - come per la sanità, la ricerca e la scuola - richiederebbe il concorso di tutti: di maggioranza e di opposizione perché le riforme non sono nè di destra nè di sinistra ma sono necessarie per il Paese. Temo però che questo mio auspicio resti lettera morta. Non ci stupiamo allora se la “nausea” per la politica aumenta sempre di più.

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