Home page
News
Appuntamenti
Comunicati Stampa
Sabato, 19 Aprile 2025 CERCA   CONTATTI

 
Statuto
Segretario politico
Modulistica
Trasparenza
 
POPOLARI UDEUR : Appuntamenti Invia news  |  Scarica PDF
15.05.2006 - "GIORGIO NAPOLITANO SALE AL QUIRINALE" Leggi il discorso d'insediamento del nuovo Presidente della Repubblica
 
GIURAMENTO E MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SEN. GIORGIO NAPOLITANO Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevoli senatori, signori rappresentanti delle regioni d'Italia, è con profonda emozione che mi rivolgo a voi in quest'aula, nella quale ho speso tanta parte del mio impegno pubblico apprendendo dal vivo il senso e il valore delle istituzioni rappresentative, supremo fondamento della democrazia repubblicana. Sono le Assemblee elettive - e, innanzitutto, il Parlamento - il luogo del confronto sui problemi del paese, della dialettica delle idee e delle proposte, della ricerca delle soluzioni più valide e condivise. La nuova legislatura si è aperta nel segno di un forte travaglio, a conclusione di un'aspra competizione elettorale dalla quale gli opposti schieramenti politici sono emersi entrambi largamente rappresentativi del corpo elettorale. L'assunzione delle responsabilità di Governo da parte dello schieramento che è - sia pur lievemente - prevalso rappresenta l'espressione naturale del principio maggioritario che l'Italia ha assunto, da quasi un quindicennio, come regolatore di una democrazia dell'alternanza realmente operante. Ma in tali condizioni appare più chiara l'esigenza di una seria riflessione sul modo di intendere e coltivare, in un sistema politico bipolare, i rapporti tra maggioranza e opposizione. Non si tratta di tornare indietro rispetto all'evoluzione che la democrazia italiana ha conosciuto grazie allo stimolo e al contributo di forze di diverso orientamento, ma il fatto che si sia instaurato un clima di pura contrapposizione e di incomunicabilità, a scapito della ricerca di possibili terreni di impegno comune, deve considerarsi segno di una ancora insufficiente maturazione, nel nostro paese, del modello di rapporti politici e istituzionali già consolidatosi nelle altre democrazie occidentali. Ebbene, è venuto il tempo della maturità per la democrazia dell'alternanza anche in Italia. Il reciproco riconoscimento, rispetto ed ascolto tra gli opposti schieramenti, il confrontarsi con dignità in Parlamento e nelle altre Assemblee elettive, l'individuare i temi di necessaria e possibile - limpida - convergenza, nell'interesse generale possono non già mettere in forse, ma, al contrario, rafforzare in modo decisivo il nuovo corso della vita politica ed istituzionale avviatosi con la riforma del 1993 e le elezioni del 1994. Ciò potrà avvenire solo ad opera delle forze politiche organizzate e delle loro rappresentanze nelle istituzioni rappresentative, sorrette dalla consapevolezza e dal dinamismo della società civile. A chi vi parla, chiamato a rappresentare l'unità nazionale, spetta semplicemente trasmettere oggi un messaggio di fiducia, in risposta al bisogno di serenità e di equilibrio fattosi così acuto e diffuso tra gli italiani. Sono convinto che la politica possa recuperare il suo posto fondamentale e insostituibile nella vita del paese e nella coscienza dei cittadini. Può riuscirvi quanto più rifugga da esasperazioni e immeschinimenti che ne indeboliscono fatalmente la forza di attrazione e persuasione, e quanto più esprima moralità e cultura, arricchendosi di nuove motivazioni ideali: tra esse, quella del costruire basi comuni di memoria e identità condivisa, come fattore vitale di continuità, nel fisiologico succedersi di diverse alleanze politiche nel governo del paese. Ma non si può dare memoria e identità condivisa se non si ripercorre e si ricompone, in spirito di verità, la storia della nostra Repubblica, nata sessant'anni fa come culmine della tormentata esperienza dello Stato unitario e, prima ancora, del processo risorgimentale. Ci si può - io credo - ormai ritrovare, superando vecchie, laceranti divisioni, nel riconoscimento del significato e del decisivo apporto della Resistenza pur senza ignorare zone d'ombra, eccessi e aberrazioni. Ci si può ritrovare, senza riaprire le ferite del passato, nel rispetto di tutte le vittime e nell'omaggio non rituale alla liberazione dal nazifascismo come riconquista dell'indipendenza e della dignità della patria italiana, memoria condivisa come premessa di una comune identità nazionale che abbia il suo fondamento nei valori della Costituzione. Il richiamo a quei valori trae forza della loro vitalità, che resiste, intatta, ad ogni controversia. Parlo - ed è giusto farlo anche nel celebrare il sessantesimo anniversario dell'elezione dell' Assemblea costituente - di quei principi fondamentali che scolpirono nei primi articoli della Carta costituzionale il volto della Repubblica: principi, valori, indirizzi che, scritti ieri, sono aperti a raccogliere, oggi, nuove realtà e nuove istanze. Così, il valore del lavoro come base della Repubblica democratica chiama, più che mai, al riconoscimento concreto del diritto al lavoro, ancora lontano dal realizzarsi per tutti e alla tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni e, dunque, anche nelle forme ora esposte alla precarietà e alla mancanza di garanzie. I diritti inviolabili dell'uomo e il principio di uguaglianza, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, si integrano e completano nella Carta europea, aperta ai nuovi diritti civili e sociali. Essi non possono non riconoscersi a uomini e donne che entrano a far parte - da immigrati - della nostra comunità nazionale, contribuendo alla sua prosperità. Il valore della centralità della persona umana viene a misurarsi con le nuove frontiere della bioetica. L'unità e indivisibilità della Repubblica si è via via intrecciata col più ampio riconoscimento dell'autonomia e del ruolo dei poteri regionali e locali. Si rivela lungimirante, come fattore di ricchezza e apertura della nostra comunità nazionale, la tutela delle minoranze linguistiche. Essenziale appare tuttora il laico disegno dei rapporti fra Stato e Chiesa, concepiti come, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. La libertà e il pluralismo delle confessioni religiose sono stati via via sanciti, e ancora dovranno esserlo, attraverso intese promosse dallo Stato. Presentano poi una pregnanza ed urgenza senza precedenti tanto lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica quanto la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione. Infine, i valori, tra loro inscindibili, del ripudio della guerra e della corresponsabilità internazionale per assicurare la pace e la giustizia nel mondo si confrontano con nuove, complesse e dure prove. Ebbene, signor Presidente, onorevoli parlamentari, signori delegati regionali, chi può mettere in dubbio la straordinaria sapienza e rispondenza al bene comune dei principi e valori costituzionali che ho voluto puntualmente ripercorrere? In questo senso, è giusto parlare di unità costituzionale come sostrato dell'unità nazionale. Un risoluto ancoraggio ai lineamenti essenziali della Costituzione del 1948 non può essere scambiato per puro conservatorismo. I costituenti si pronunciarono a tutte lettere per una Costituzione destinata a durare, per una Costituzione rigida ma non immutabile, e definirono le procedure e garanzie per la sua revisione. Nei progetti volti a rivedere la seconda parte della Costituzione, che si sono via via succeduti, non sono stati mai messi in questione i suoi principi fondamentali, ma già nell'Assemblea costituente si espresse, nello scegliere il modello della Repubblica parlamentare, la preoccupazione di tutelare le esigenze di stabilità dell'azione di Governo e di evitare le degenerazioni del parlamentarismo. Quella questione rimase aperta e altre ne sono insorte in anni più recenti, anche sotto il profilo del ruolo dell'opposizione e del sistema delle garanzie in rapporto ai mutamenti intervenuti nella legislazione elettorale. La legge di revisione costituzionale approvata dal Parlamento mesi or sono è ora affidata al giudizio conclusivo del popolo sovrano. Si dovrà, comunque, verificare poi la possibilità di nuove proposte di riforma capaci di raccogliere il necessario largo consenso in Parlamento. Esprimo il più sentito e convinto omaggio al mio predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, per l'esemplare svolgimento del suo mandato e, in special modo, per l'impulso ad una più forte affermazione dell'identità nazionale italiana e di un rinnovato sentimento patriottico. Nello stesso tempo, nessun ripiegamento entro confini e orizzonti anacronistici. Come già si disse, precorrendo i tempi, all'Assemblea costituente, l'Europa è, per noi italiani, una seconda patria. Lo è diventata sempre di più nei quasi cinquant'anni che ci separano da quei trattati di Roma che portano la firma, per l'Italia, di Antonio Segni e di Gaetano Martino. E il cammino dell'integrazione e costruzione europea cominciò ancor prima, ispirato dalle profetiche intuizioni di Benedetto Croce e di Luigi Einaudi, guidato dall'incontro tra i diversissimi apporti di personalità come Alcide De Gasperi e Altiero Spinelli, lo statista lungimirante e il paladino del movimento federalista, entrambi né meschinamente realisti né astrattamente utopisti. La crisi che da un anno ha investito l'Unione europea non può in alcun modo oscurare il cammino compiuto e far liquidare il grande progetto della costruzione comunitaria come riflesso di una fase storica, quella del continente diviso in due blocchi contrapposti, conclusasi nel 1989. In effetti, non solo si è portata a compimento la più grande impresa di pace del secolo scorso nel cuore dell'Europa, non solo si è realizzato uno straordinario e duraturo avanzamento economico e sociale, civile e culturale nei paesi che si sono via via associati al progetto, ma si sono poste le radici di un irreversibile moto di avvicinamento e integrazione tra i popoli, le realtà produttive, i sistemi monetari, le culture, le società, i cittadini, i giovani delle nazioni europee. Non potranno arrestare questo processo le difficoltà, pur gravi, incontrate dall'iter di ratifica del Trattato costituzionale: l'Italia, dopo che il suo Governo e il suo Parlamento hanno, tra i primi, provveduto alla ratifica di quel Trattato, è fortemente interessata e impegnata a creare le condizioni per l'entrata in vigore di un testo di autentica rilevanza costituzionale. Ci inducono a riflettere, ma non potranno fermarci, i fenomeni di disincantato e di incertezza indotti, nelle opinioni pubbliche, da un serio rallentamento della crescita dell'economia e del benessere, da un palese affanno nel far fronte sia alle sfide della competizione globale e del cambiamento di pesi e di equilibri nella realtà mondiale, sia alle stesse prove dell'allargamento dell'Unione. Di certo non esiste, dinanzi a queste sfide, alcuna alternativa al rilancio della costruzione europea. L'Italia, solo come parte attiva della costruzione di un più forte e dinamico soggetto europeo, e l'Europa, solo attraverso l'unione delle sue forze e il potenziamento della sua capacità d'azione, potranno giuocare un ruolo effettivo, autonomo e peculiare nell'affermazione di un nuovo ordine internazionale di pace e di giustizia. Un ordine di pace nel quale possa espandersi la democrazia e prevalere la causa dei diritti umani e, insieme, assicurarsi un governo dello sviluppo che contribuisca a scongiurare tensioni e rischi di guerra, e ponga un argine all'intollerabile, allarmante aggravarsi delle disuguaglianze a danno dei paesi più poveri, dei popoli colpiti da ogni flagello, come quelli del continente africano. La strada maestra per l'Italia resta dunque quella dell'impegno europeistico, come il Presidente Ciampi ha in questi anni appassionatamente indicato. E in ciò egli ha incontrato, io credo, il sentire profondo ormai maturato soprattutto nelle nostre giovani generazioni, il cui animo italiano fa tutt'uno con l'animo europeo, e che non vedono avvenire se non nell'Europa. La priorità dell'impegno europeistico nulla toglie alla profondità dell'adesione dell'Italia a una visione dei rapporti ransatlantici, dei suoi storici legami con gli Stati Uniti d'America e delle relazioni tra Europa e Stati Uniti, come cardine di una strategia di alleanze, nella libera ricerca di approcci comuni ai problemi più controversi e nella pari dignità. È in tale contesto che va affrontata, senza esitazioni e ambiguità la minaccia così dura, inquietante e per tanti aspetti nuova, del terrorismo di matrice fondamentalista islamica, senza mai offrire a questo insidioso nemico il vantaggio di una nostra qualsiasi concessione alla logica dello scontro di civiltà, di una nostra rinuncia al principio e al metodo del dialogo tra storie, culture e religioni diverse. Non è illusorio pensare che questa cornice degli orientamenti di politica internazionale dell'Italia possa essere condivisa dagli opposti schieramenti politici. Entro questa cornice, spetta al Governo e al Parlamento indicare iniziative atte a contribuire al dialogo e al negoziato tra Israele e l'Autorità palestinese, nel pieno riconoscimento del diritto dello Stato di Israele a vivere in sicurezza e del diritto del popolo palestinese a darsi uno Stato indipendente. Ed è ora di mettere al bando l'arma del terrorismo suicida e di contrastare fermamente ogni rigurgito di antisemitismo. Si impongono egualmente iniziative volte alla soluzione della ancora aperta e sanguinosa crisi in Iraq, alla stabilizzazione del processo democratico in Afghanistan, alla ricerca di uno sbocco positivo per lo stato di preoccupante tensione con l'Iran. Più specificamente, compete al Governo e al Parlamento definire le soluzioni per il rientro dei militari italiani dall'Iraq. Oggi, non può che accomunare quest'Assemblea l'omaggio riverente e commosso a tutti i nostri caduti, che hanno rappresentato il prezzo così doloroso di missioni all'estero assolte con dedizione e onore, qualunque sia stato il grado di consenso nel deliberarle. Onorevoli parlamentari, signori delegati regionali, se rivolgo ora lo sguardo dal cruciale orizzonte europeo allo stato del nostro paese e al quadro delle nostre dirette responsabilità, posso solo consentirmi brevi considerazioni, senza affacciarmi in un campo che è, più di ogni altro, proprio del confronto tra diverse impostazioni e posizioni politiche. Posso, anche qui, esprimere solo un messaggio di fiducia, senza indulgere a diagnosi pessimiste sull'inevitabile declino del nostro sistema economico e finanziario, ma nemmeno sottovalutando la gravità delle debolezze da superare e dei nodi da sciogliere. Il nodo - innanzitutto - del debito pubblico e, insieme, le debolezze del sistema produttivo. Le imprese italiane hanno mostrato di saper raccogliere la sfida che viene dall'operare in un mercato aperto e in libera concorrenza e di volersi impegnare in un serio sforzo per la crescita, l'innovazione e l'internazionalizzazione. Esse chiedono allo Stato non di introdurre o mantenere indebite protezioni, ma di favorire la competitività del sistema e gli investimenti privati e pubblici, nonché di riprendere quel processo di sviluppo infrastrutturale che tanta parte ebbe nella crescita del secondo dopoguerra. Ma all'esigenza di rimuovere limiti e vincoli ingiustificati si accompagna quella di assicurare regole e controlli efficaci ed efficienti. Il nostro paese non può rinunciare alle sue grandi tradizioni in campo industriale e agricolo, che ancora si esprimono in rilevanti prove di progresso anche tecnologico: tali da dar luogo di recente a casi di straordinario recupero in gravi situazioni di crisi e da animare nuove, vitali realtà produttive. Nello stesso tempo, appare indispensabile rafforzare e modernizzare il settore dei servizi, e valorizzare con coraggio e lungimiranza il patrimonio naturale e paesaggistico, culturale e artistico senza eguali di cui l'Italia dispone. Di qui passa anche qualsiasi politica per il Mezzogiorno, le cui regioni diventano un asse obbligato del rilancio complessivo dello sviluppo nazionale anche per la loro valenza strategica nella nuova grande prospettiva dei flussi di investimenti e di scambi tra l'area euromediterranea e l'Asia. Nè occorre che io aggiunga altro a questo proposito, signori parlamentari e delegati regionali, per la profondità delle radici e delle esperienze politiche e di vita che mi legano al Mezzogiorno: non occorrono altre parole per affidarvi un auspicio così intimamente sentito. Sono più in generale le mie complessive esperienze politiche e di vita che mi inducono ad associare con forza il problema del rilancio della nostra economia a quello della giustizia sociale, della lotta contro le accresciute disuguaglianze e le nuove emarginazioni e povertà, dell'impegno più conseguente per elevare l'occupazione e il livello di attività della popolazione, il problema non eludibile del miglioramento delle condizioni dei lavoratori e dei pensionati e di una rinnovata garanzia della dignità e della sicurezza del lavoro. C'è bisogno di più giustizia e coesione sociale.

.:: Indietro  |  Archivio ::.
 
Iniziative editoriali | News | Appuntamenti | Comunicati stampa | Contatti | Credits