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06.06.2006 - “Amnistia, i numeri ci sono”
 
Caro direttore, ringrazio innanzitutto Giuseppe D’Avanzo per l’attenzione che ha voluto dedicare alla mia persona e ai miei propositi in materia di amnistia e di indulto e vorrei utilizzare questo spazio per chiarire alcuni punti e dissipare taluni equivoci. D’Avanzo parte da un’affermazione netta, che più netta non si può, e dalla quale discendono tutte le altre sue considerazioni. Secondo il giornalista, un’amnistia “non ha alcuna possibilità di essere approvata dal Parlamento nelle condizioni attuali”. Ecco il punto vero di dissenso. Io non la penso così e così non la pensano per la verità in tanti altri. Ricordo ancora che una misura di amnistia e indulto è esplicitamente prevista nel programma dell’Unione. E che, due settimane fa, presentando il suo programma alle Camere, il presidente del Consiglio ha testualmente affermato : “il governo intende proporre al Parlamento di studiare un provvedimento diretto ad alleggerire l’attuale insostenibile situazione delle carceri. Oggi, all’inizio di una nuova legislatura, è nostro obbligo offrire una risposta. Già da anni, anche dalle sedi più elevate, questo tema è proposto alla nostra attenzione”. Come si vede, mi sono mosso e intendo continuare a farlo esattamente nella direzione indicata dalla nostra coalizione, dal suo programma e dal suo leader. Aggiungo che sono confortato in questo proposito anche da alcune importanti novità politiche, che D’Avanzo sembra sottovalutare. La prima è rappresentata dalla recente dichiarazione di Silvio Berlusconi, che si è detto favorevole ad un provvedimento di clemenza (e altrettanto hanno fatto i due coordinatori nazionali di Forza Italia, Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto). La seconda, e assai significativa novità è costituita dalle notevoli aperture che si manifestano anche all’interno di Alleanza Nazionale e da parte di alcuni suoi autorevoli dirigenti; e infine, dalle parole dello stesso Umberto Bossi (riportate proprio da Repubblica): “non sono contrario (all’amnistia). E’ giusto dare speranze a chi è stato dietro le sbarre”. A ciò si aggiunge il consenso, da tempo manifestato, dell’Udc. Non è poco: ed è persino più di quanto ci si potesse aspettare in questa prima fase di discussione pubblica. Dunque, da dove nasce la marmorea certezza di D’Avanzo sul fatto che un simile provvedimento non abbia “alcuna possibilità di essere approvato”? Questo significa forse che, approvarlo, sia automatico o, comunque, facile? Assolutamente no. Ed è proprio quanto ho detto ai detenuti di regina Coeli, e prima e dopo quell’incontro, senza alcuna reticenza riguardo ai rischi ed ad eventuali annunci improvvidi sulla possibilità di un esito favorevole da tempo atteso. Ho ribadito con chiarezza che questo è il nostro intento politico, ma che per aggiungerlo è necessario un consenso molto ampio e tutt’altro che scontato. E per evitare meriti non miei, o idee narcisiste che per lo meno in questo caso non mi sfiorano data l’infernale drammaticità della situazione carceraria, ho insisto sul fatto che è il Parlamento e solo il Parlamento, l’unica fonte di questa sorta di “grazia eccezionale”. Ancora alcune brevi precisazioni. Ho sempre parlato di in provvedimento congiunto di amnistia e indulto, perché solo la contestualità e integrazione tra le due misure possono produrre risultati sperati. E’ del tutto ovvio, poi, che un atto di clemenza non possa “risolvere i problemi delle carceri”, ma è altrettanto ovvio che, senza quell’atto, non è nemmeno pensabile di porre mano a quegli stessi problemi. E, infatti, non va dimenticato – ed è solo un esempio tra i molti possibili – che il sovraffollamento non è solo problema dei detenuti: in forme appena meno afflittive, è questione che riguarda gli agenti di polizia penitenziaria, il cui lavoro è reso improbo, se non addirittura ingestibile, dalla promiscuità, dagli spazi esigui, dalla fatica di turni interminabili e di straordinari irrinunciabili. Ed ancora: chi mai può pensare che “basti l’amnistia”? Per quanto D’Avanzo possa dubitare della mia competenza non può davvero immaginarmi tanto sprovveduto. E’, dunque, necessario – oltre che elaborare nuove norme - intervenire sulla legislazione vigente. Mi limito a pochi esempi. In carcere, nel corso del 2005, sono entrati ben 9619 stranieri, responsabili solo ed esclusivamente (ripeto: solo ed esclusivamente) di infrazioni alle norme sull’ingresso in Italia. Secondo esempio: il superamento dell’aggravamento di pena e della preclusione a pene alternative in caso di recidiva, secondo quanto previsto dall’ex-Cirielli. Ed è anche per questa ragione che ho voluto dar conto all’opinione pubblica e ai diretti interessati (i detenuti, in primo luogo) delle nostre intenzioni politiche, che vanno oltre il semplice provvedimento di clemenza. Scrive, infine, D’Avanzo: si dovrebbe, invece, “abbassare il quorum per deliberare il provvedimento di clemenza”. Ma per abbassarlo, quel quorum, è necessaria ancora la maggioranza qualificata dei 2/3 del Parlamento; e posso sbagliarmi, ma ritengo che – nelle condizioni attuali – è più agevole (meno arduo) ottenere quella maggioranza qualificata su un provvedimento “d’eccezione” che su una modifica della norma. Questa è la mia convinzione e sono persuaso che, superare le iniziali diffidenze, Repubblica, sempre in prima fila nelle battaglie per i diritti e le garanzie, vorrà sostenere il nostro difficilissimo impegno. Clemente Mastella

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