Mastella: «Hanno invocato l’aiuto del Cav Noi andiamo avanti, parliamo con Casini» di LAURA DELLA PASQUA
«DOPO l’invocazione a Berlusconi di scendere nell’arena di Telecom l’antiberlusconismo, di fatto, è finito e non può essere più un elemento discriminante delle prossime elezioni di governo». I mutamenti del quadro politico non si esauriscono alla creazione del Partito democratico. Clemente Mastella, ministro della Giustizia e leader dell’Udeur, individua altri fattori di cambiamento. A cominciare dal coinvolgimento di Berlusconi nella vicenda Telecom che inciderà sulla prossima tornata elettorale. Ma i riflettori al mometo sono puntati sul Partito democratico e sulle conseguenze che avrà il nuovo assetto politico per i partiti minori che sono rimasti fuori. Cosa significa per l’Udeur l’avvio del Partito democratico? «Per noi non cambia nulla perchè dall’inizio abbiamo detto che non è il nostro luogo politico, non è la nostra storia, nè ci pare che l’avvio stabilisca una storia raccontata in modo diverso da quelle passate». In che senso? «Nel senso che la distanza tra noi e il Partito democratico, per quanto riguarda la prospettiva politica, resta significativa». In cosa vi sentite distanti dal nuovo soggetto politico? «Ci pare un progetto arrischiato. Ho sentito discorsi di perplessità echeggiare dentro la stessa Margherita quindi a maggior ragione, per quanto ci riguarda, siamo decisamente reticenti a un eventuale ingresso dentro questo nuovo percorso politico». Pensa che il Partito democratico non andrà lontano? «Innanzitutto sono nati due partiti perché c’è stata una scissione. Poi o il Partito democratico si fonda sull’idea di essere un partito blaireiano italiano cioè in grado di rompere definitivamente con la sinistra antagonista spingendosi a realizzare nuove alleanze politiche oppure non si capisce dove andrà. Nasce senza anima, senza passione, e dai discorsi che ho sentito lo davano come un destino ineluttabile. Quindi non so quale sarà il successo che potrà arrivare. Mi auguro che molta parte di quelli che restano come elettori legati alla tradizione cattolico-democristiana possano guardare in altre direzioni e anche nella nostra». Vuol dire che pensate di pescare nell’area degli insoddisfatti dal Pd? «Il nuovo progetto politico nasce con tante contraddizioni quindi è inevitabile che coloro che resteranno delusi guardino altrove. Ho ascoltato alcune dichiarazioni nei Ds di chi ritiene di far fatica a entrare nel Pd perché questo è troppo aperto a una prospettiva quasi clericale; di contro nell’assise della Margherita è stato ribadito che l’elemento cattolico deve essere un aspetto importante del nuovo patrimonio ideale del Partito democratico. Ho ascoltato richiami alla nostalgia dell’Internazionale socialista ma anche parole che vanno nella direzione di una terza forza parlamentare europea. Da tutto questo non potrà venire fuori un veloce compromesso ma solo dilemmi e scelte che non saranno mai nette e mai decisive». Con la nascita del Pd, l’Udeur non rischia l’isolamento? «Se ci fosse un’attenzione politica seria potremmo essere come il partito Repubblicano di La Malfa con Moro. Ma non credo che verrà un qualche Aldo Moro alla guida del nuovo partito». Quindi non è proccupato? «Non solo il nuovo progetto politico non mi spaventa ma rafforza le nostre convinzioni e ci spinge a andare avanti. Dedicheremo un consiglio nazionale alla definizione dei rapporti con questa nuova formazione politica. E sinceramente ci auguriamo che siano corretti. Il Pd nasce tra gli equivoci. Il limite vero, il fallimento vero è l’impresa tentata dalla Margherita che aveva senso nel contrastare a Forza Italia lo spazio elettorale del centro. Non essendo questo avvenuto perché Forza Italia resta elemento attrattivo, cambiare strategia in corsa e la propria fisionomia stabilisce un fallimento rispetto all’impresa iniziale. È come chi apre un’azienda e dopo un po’ la chiude perché sul mercato non ha retto alla competizione e poi ne mette in piedi un’altra chiedendo aiuto e la collaborazione a metà con gli altri». Berlusconi ha rilanciato l’ipotesi di larghe intese. Non temete un asse Prodi-Cav? «Berlusconi ha poi smentito le larghe intese. Semmai i due si fanno l’occhiolino ma solo nella logica della legge elettorale che vorrebbero indirizzare alla propria parte. Il referendum è il metodo che fanno finta di avversare e che hanno scelto come motivo per ristrutturare non molto democraticamente il paesaggio politico italiano. Ma noi ci saremo sempre nelle realtà locali e dovranno fare i conti con noi». In risposta al Partito democratico Berlusconi vuole accelerare la creazione del partito unico del centrodestra. Stretto tra i due blocchi, l’Udeur che farà? Spingerà la costituzione di un grande centro? «Ma quale partito unico del centrodestra, quale federazione. Sia Bossi che Casini hanno detto di no, è una federazione dimezzata. È evidente che con tutto questo che sta accadendo anche noi ci stiamo muovendo». Muovendo come? C’è un discorso aperto con Casini? «Parlano tutti e allora non vedo perché non dovrebbero dialogare coloro che hanno affinità di pensiero». Allora vuol dire che con l’Udc siete a buon punto? «Non dico niente».
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