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24.05.2006 - Mastella: “Stop alla guerra politici-magistrati” |
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Il Ministro della Giustizia: “Sulle intercettazioni telefoniche il mio primo intervento”.
Di Massimo Martinelli
ROMA – All’inizio c’era una sola missione per il Guardasigilli Clemente Mastella: riallacciare il dialogo con le toghe. Poi le toghe ne hanno proposta un’altra di questione, anche se indirettamente : riguarda la potenza distruttiva delle intercettazioni telefoniche. Che travolge malfattori e corrotti, ma anche interlocutori ignari e con la fedina penale pulita.
Ministro Mastella, le chiedono un intervento anche sulle intercettazioni telefoniche. Se lo aspettava che si sarebbe occupato di calcio?
“Mi aspettavo che mi sarei occupato di intercettazioni. Lo farò in settimana; ho visto che il presidente del Senato Marini ha posto il problema alla Giunta di Palazzo Madama; io farò la mia parte da ministro”.
Il problema è: limitarne l’uso ai magistrati o vietarne la pubblicazione sui giornali?
“Non voglio anticipare nulla, tra pochi giorni avrà la risposta”.
In realtà il suo pensiero l’ha già espresso la scorsa estate, quando sui giornali c’erano le intercettazioni dei banchieri. Se lo ricorda?
“Dissi che esisteva un problema e quel problema doveva risolverlo la politica. Dissi che c’era stata una latitanza della politica e che i magistrati avevano svolto una supplenza. Però sia i politici sia i magistrati devono stare all’interno delle leggi”.
Se le leggi non vanno?
“Quando le leggi non vanno, chi le deve modificare è la politica; se la politica è inadempiente non possiamo dire che è colpa dei magistrati”.
Detta così, sembra che la colpa sia della politica.
“Se la politica non cambia, se i tempi sono quelli che sono, è anche colpa nostra. Pure mia, se vuole, che nella precedente attività di parlamentare non sono riuscito a dare al cittadino le condizioni che si aspettava”.
Il suo settore adesso è la giustizia. Il cittadino cosa si aspetta giustizia?
“Diciamo la verità, il cittadino vuole non tanto l’autonomia della magistratura, non tanto quella della classe politica. Vuole piuttosto che la giustizia risponda e che non sia troppo lenta, come nel caso di Laura Antonelli, che è sui giornali in questi giorni”.
Il suo ministero dovrà pagare una bella somma.
“Si è verificato il massimo del paradosso. Il ministero della Giustizia che deve risarcire un danno in base ad una sentenza del tribunale di Perugia per le lentezze di un altro tribunale”.
Per farla funzionare, la giustizia, bisognerebbe sentire che dicono i giudici. Lei si è già detto disposto ad ascoltarli.
“Voglio essere il ministro del dialogo e della riconciliazione. Io credo che in tanti abbiano contribuito a creare una situazione di chiusura. Adesso bisogna uscire dai bunker, aprire porte e finestre; è finita l’epoca dell’incomunicabilità”.
Incontrerà i vertici dell’Anm?
“Infatti. Mi sembra che questa lunga guerra durata anni nei confronti della magistratura debba finire. Significa anche che quando avrò qualcosa di diverso da dire, lo dirò; ma io non parto per creare problemi alla magistratura, così come la magistratura non deve partire per dare problemi alla classe politica. Ci deve essere un’apertura reciproca con rispetto reciproco. Per le istituzioni, non i singoli”.
Gli avvocati già se la prendono. Con loro non ci parla?
“Andrò anche da loro, certo. Forse in settimana. Non si possono fare privilegi quando bisogna rispondere ad un unico interesse che è quello del cittadino. Lo deve fare la politica, come anche i magistrati e la classe forense: bisogna favorire un “umanesimo della giustizia”. Questa è la funzione nobile che noi dobbiamo assecondare: organizzare la giustizia, tener conto delle sue funzioni, del suo potere autonomo. Che senso avrebbe esercitare potere e autonomia se non lo facciamo nel segno di una giustizia che sia più umana, più appagante, più vicina e meno recalcitante rispetto ai problemi del cittadino?”.
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