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18.05.2006 - "Andrò a incontrare l' Anm, basta con la guerra fredda tra la magistratura e la politica"
 
Mastella: "Subito un decreto per bloccare la legge Castelli" Il guardasigilli: favorevole all' amnistia e alla grazia a Sofri ROMA - Il primo gesto, volutamente simbolico: «Non inviterò l' Anm a venire da me. Andrò io da loro». Il primo passo di governo, fortemente atteso dalle toghe: «Un decreto che sospenda i passaggi più contestati dell' ordinamento giudiziario». Il mood politico: «Segnare la fine della guerra fredda tra magistratura e politica». E poi due scelte che segnano l' inversione di rotta rispetto agli anni del leghista Roberto Castelli. La prima: «Se il capo dello Stato mi sottoporrà la grazia per Sofri non entrerò in conflitto con lui». E sull' amnistia: «Sono sempre stato a favore». Clemente Mastella non si è ancora seduto sulla poltrona di Guardasigilli. Lo farà stamattina quando in via Arenula ci sarà il passaggio di consegne con Castelli. Ma a Repubblica, subito dopo il primo consiglio dei ministri, spiega le sue prime mosse da ministro della Giustizia. I magistrati e l' Anm la giudicano «uomo di dialogo» e di rottura rispetto al suo predecessore. Ha già deciso la sua prima mossa? «So già che qualcuno vorrà leggere il passo che sto per annunciare come il segnale di una sorta di deferenza, magari per acquisire qualche boccaccia affettuosa. Ma ho riflettuto sull' opportunità che sia io a recarmi nella sede dell' Anm». Un momento. Per la prima volta non saranno i rappresentanti delle toghe a salire al ministero ma lei ad andare da loro? «Voglio seguire un modello, quello di Guido Gonnella (più volte ministro della Giustizia negli anni ' 50 e ' 60, ndr.), democristiano e giornalista come me che, pur in un periodo storico assai diverso, si sforzò di ottenere un costante dialogo tra posizioni differenti senza mai arrivare alla frattura. Sul passato voglio mettere una pietra, e non voglio attardarmi sulle ragioni dello scontro. Sono un ministro, non un magistrato, non toccano a me le investigazioni, ma con l' appoggio della maggioranza e della maggior parte del Parlamento lavorerò per ricostruire un' armonia tra i poteri dello Stato». E il primo passo sarà parlare coi magistrati? «Se l' 85% dei giudici italiani, con una percentuale di adesione maggiore di quella dei metalmeccanici, sciopera contro una riforma come quella dell' ordinamento, vuol dire che c' è qualcosa che non va. A tutti chiederò non un malinconico o barocco senso di responsabilità, ma la disponibilità a costruire insieme una via d' uscita da una situazione imbarazzante e delicata che per la prima volta si è verificata in Italia nella contrapposizione tra due poteri dello Stato. Utilizzando una bella frase che pronunciò Roberto Ruffilli prima di essere ucciso dalle Bierre, guarderò al cittadino come a un arbitro e cercherò di riscoprire la sua centralità». Manderà alle toghe il segnale che più si aspettano, fermare l' ordinamento e la divisione tra giudici e pm che incombe? «L' ipotesi politica su cui lavoro, e che dovrò discutere con Prodi, è un decreto legge che sospenda alcune parti della riforma su cui i magistrati sono fortemente recalcitranti. Parliamoci chiaro: non è una genuflessione, né una riverenza, né tantomeno un modo per ingraziarsi un' intera categoria, è un modo per avviare il dialogo. In passato, quando ho avuto da dire contro le toghe l' ho fatto ad alta voce, ma ora è tempo di promuovere un' azione non tanto come responsabile del ministero, ma come politico affezionato a un' Italia che non vive serena se la giustizia non funziona». Cambia musica rispetto agli attacchi di Berlusconi ai giudici? «Rispetto i magistrati, ma chiedo a mia volta rispetto per la classe politica. Vanno archiviati gli anni degli eccessi, della voce alta e sguaiata, è tempo di parlarsi con franchezza e chiedersi, con un metodo kennediano, cosa si può e si deve fare insieme. Se qualcuno mi facesse un esame di diritto, soccomberei. Non mi sono laureato in giurisprudenza, ma da uomo politico mi pongo nella posizione maieutica di agevolare la fine della guerra fredda verso la magistratura. Ma anche i giudici devono avvertire il dovere etico e il senso dello Stato per contribuire a eliminare attriti e conflitti». Castelli le lascia la grana della grazia per Sofri.Che farà? «La Consulta ha già detto che il capo dello Stato può prescindere dal ministro della Giustizia. Non entrerò in contrasto col presidente per l' ovvia ragione che, nella mia cultura istituzionale, il ministro non si scontra col Quirinale. In passato, ci tengo a dirlo, ho parlato di perdono possibile, ma tenendo conto dell' atteggiamento e dei sentimenti della famiglia Calabresi». Sull' amnistia? «è materia collegiale, ma sin dall' appello di Giovanni Paolo II in Parlamento, che tuttora ricordo con emozione, sono sempre stato a favore dell' amnistia». Lavorerà per chiudere gli anni di piombo e sanare la frattura di Tangentopoli? «Ho molto apprezzato il passaggio del discorso di Napolitano sulla Resistenza. Tutto ciò che va nel senso di un' Italia riconciliata è una missione storica per tutti». Lei è in Parlamento da 30 anni. Da democristiano ha attraversato la prima Repubblica. Non teme attacchi a sorpresa? «Li ho già messi nel conto, ma non ho timori. Ai mie figli ho detto "Se fino a ieri dovevate essere attenti al vostro comportamento, oggi dovete esserlo ancora di più". Ma non siamo ai tempi di Robespierre, e io ho vissuto la mia vita all' insegna della buonafede e non del pregiudizio».

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