Il senatore a vita «Il mio sì perché Clemente è simpatico» «E chi sciopera no» dice Andreotti. Il suo voto favorevole all'art. 1 della riforma Mastella ha salvato l'Unione in Senato ROMA — Era in Aula come sempre, imperturbabile come sempre. E come sempre ha votato, Giulio Andreotti. Ma stavolta, anziché ad affossare il governo come accadde quando D'Alema si vide bocciata la sua mozione sulla politica estera anche grazie al niet pronunciato dall'ex presidente del Consiglio, stavolta appunto il voto del senatore a vita è servito a salvarlo, l'esecutivo. 152 a 151 il risultato finale, e Prodi resta dov'è.
E allora apriti cielo: sono riecheggiate ancora una volta in Aula le proteste di chi, come l'azzurro Schifani, si è infuriato per lo «scandalo» di un governo «tenuto in piedi dal senatore a vita di turno», o di chi, il leghista Castelli, ha contestato addirittura la «legittimità» del voto, provocando la reazione dell'azzurro (e amico del divin Giulio) Lino Jannuzzi: «Non so chi mi ha trattenuto dal dirlo in Aula: ma se non rappresenta la volontà popolare Andreotti, che in vita sua ha preso più voti nel Paese di quanti noi tutti messi insieme, e che anche oggi ne prenderebbe un'infinità se per ipotesi si presentasse, chi è legittimato a votare?».
E lui, Giulio Andreotti appunto? Non si scompone: si fa ore seduto in Aula e sereno replica a chi gli chiede della polemica: «Quale polemica scusi? Ah, questa del voto dei senatori a vita... Ma non c'è nessuna novità, questo dello scandalo per il voto di noi senatori a vita è un argomento che ogni tanto torna, da una parte o dall'altra a seconda che quel voto faccia comodo agli uni o agli altri». Ma stavolta il voto ha salvato il governo: «E mica è compito dei senatori a vita fare crisi di governo. E anche il centrodestra, poi, chissà se la vuole davvero questa crisi... ». Insomma, non si arrabbia l'ex premier, non si offende, ragiona di politica piuttosto. E giura che le sue motivazioni, quando vota, non hanno nulla di dietrologico: «Io sono in Parlamento dal '46, ne ho viste tante... E quando sono arrivato in Senato con questo nuovo ruolo, non è che ci sono stato tanto a pensare: prima come adesso, io voto quello che mi convince, volta per volta, non mi pongo troppi problemi».
Se è così, incuriosisce il motivo che ha spinto Andreotti a votare stavolta a favore del governo, nonostante la delicatezza di una situazione ad alto rischio e su un tema che in qualche modo lo ha riguardato da vicino come quello della giustizia. E si sprecano i retropensieri, il cosa giova a chi, i perché: «I perché? — sorride lui sornione —. In questo caso specifico, si tratta della simpatia politica e umana che ho per Mastella... Anche questo conta, non è che viviamo asettici, lontano da tutto e tutti!». Simpatia, certo. Ma è solo una questione umana, un tributo pagato ad affettuosi rapporti, o magari c'è di più? E Andreotti ammette che sì, un altro motivo per spiegare il suo voto c'è: «Per la verità, questa storia dello sciopero dei magistrati mi ha scandalizzato. Ma ci rendiamo conto, i magistrati che si mettono a scioperare! In questo Paese c'è una sciopero-mania totale, non ci si capisce più niente, mancano solo i preti e poi hanno scioperato veramente tutti...». Paola Di Caro 12 luglio 2007
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