Il ministro Mastella: è esagerato parlare di complotti, però si è lesa la libertà dei deputati "Non farò la guerra ai giudici ma se serve mando gli ispettori" LIANA MILELLA ROMA — Non lo dice, ma in cuor suo considera la Forleo un magistrato eccentrico. Se la ricorda per via della diatriba tra terrorismo e guerriglia, e soprattutto per quella volta a Milano quando lui, davanti a una platea di avvocati inferociti, sosteneva l'unità della carriera di giudici e pm e lei, applauditissima, si schierò per la separazione. Tuttavia il Guardasigilli Clemente Mastella non è ancora pronto a mandare gli ispettori a Milano. La sua preoccupazione adesso è un'altra, «far approvare subito dal Senato la nuova legge sulle intercettazioni».
I Ds gridano al «mercato nero» e attaccano le toghe perché ci sarebbe voluta più cura nel gestire i testi. I giudici hanno sbagliato? «In questo momento non posso esprimere un compiuto giudizio di merito perché non ho gli elementi tecnici sufficienti. Finora la collaborazione tra me, la Corte di appello e il tribunale di Milano è stata buona. Chiederò un'ulteriore relazione ai presidenti Grechi e Pomodoro per verificare se la legge è stata violata». Manderà gli ispettori? «Se dalle carte dovessero venire fuori addebiti specifici lo farò». Processualmente quegli ascolti sono coperti dal segreto anche con le leggi attuali: di chi è la colpa se sono usciti? Pure il segretario dell'Anni Rossi parla di «clamoroso paradosso» «Quei testi sono coperti dal segreto ma vedo che la Forleo non è d'accordo. Pure i presidenti delle Camere la pensano cosi e pure gli esperti di diritto. La verità è che siamo fuori della norma o ai limiti della norma, ma comunque fuori della consuetudine di comportamento seguita fino a oggi da altri giudici».
Lei invita i giornalisti alla cautela ma sono loro i colpevoli? «Non ho mai parlato di colpe, ma siccome la stampa è il tramite di un paradosso o di un pasticcio, anche in buona fede può esserne partecipe. Non chiedo la congiura del silenzio ma se anticipi che non sei certo della sicurezza delle fonti allora c'è un problema di metodo. Voglio evitare che si torni alla guerra punica tra magistratura e politica e per questo ricordo che non tutti i giudici la pensano come il gip di Milano. Non monto la garitta per difendere i miei colleghi ma tutelo le prerogative costituzionali dei parlamentari». Politicamente, in nome della trasparenza e indipendentemente dall'autorizzazione a procedere, non è giusto che gli elettori sappiano cosa si dicevano Fassino D'Alerma e Consorte? «Non credo che tutti i conversari privati, quello che si dice tra amici o in una cerchia ristretta debba per forza essere riportato all'opinione pubblica. Sto a un dato: difendo l'autonomia dei giudici garantita dalla Costituzione, ma anche i diritti dei parlamentari stanno in quelle pagine che non si prestano a usi e interpretazioni personali».
Crede a un progetto per colpire i Ds, mettere in crisi il Pd, e far cadere pure Prodi? «Non vesto i panni del censore. Sono stato in dissenso con loro se non altro perché sono amico di Della Valle e Abete. Ma da quando fu fatta fuori la Dc ho sempre pensato che prima tocca agli uni e poi agli altri. Per questo le regole devono valere, sempre uguali, per tutti. E non ci devono essere oasi di privilegio». Non vede complotti? «Mi pare una parola molto forte. Che ci sia qualcosa che non va è un fatto. Che le intercettazioni non dovessero uscire è evidente, ma non sono in grado di valutare cosa c'è dietro. Registro la sequenza dei fatti. Dai quali risulta che non è garantita la libertà di un deputato. Questo oggi vale per alcuni e domani varrà per altri. Purtroppo anche tra di noi c'è chi è colto da frenesia mediatica, ma guai a lasciarsi andare a colpire il nemico politico». La destra però non pare aver voglia di speculare anche perché ci sono pure i forzisti dentro... «È un buon segno non essere partecipe di uno spettacolo che degrada la politica e sminuisce la Costituzione. Non faccio il tifo per la debolezza dei partiti anche se quelli del Pd vogliono fare una legge elettorale che inghiotte il mio. Non per questo lavoro per eliminarli».
Perché il ddl sulle intercettazioni, approvato il 4 agosto 2006 e votato alla Camera anche dalla Cdl, è ancora fermo al Senato? «Anche io me ne chiedo la ragione. Qualche risposta ce l'ho ma preferisco non darla. Purtroppo non sono io che posso metterlo all'ordine del giorno. Capisco che al Senato la situazione è complicata, ma approvare quel provvedimento è un dovere. Ed è corretto utilizzare quest'occasione, anche cercando di dare un di più sul piano parlamentare. Non sto difendendo l'interesse corporativo di 900 tra deputati e senatori, ma 60 milioni di cittadini italiani la cui dignità costituzionale rischia di essere messa in pericolo».
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