Mons. Roberto Colombo, Direttore del Laboratorio di Biologia Molecolare e Genetica Umana presso l'Università Cattolica di Milano. "Se c'è un punto in comune tra il grosso impegno della politica e la bioetica esso si ritrova nel tema del Bene. E cioè del bene della persona nel costruire il bene della società. Il bene della vita umana è un bene disponibile o indisponibile, questo ci dobbiamo chiedere? Questo bene della vita è un qualcosa che noi possediamo oppure siamo noi ad esserne posseduti? In Italia abbiamo oltre dieci pdl depositati alla camera ed in senato che riguardano il testamento biologico. Ma da dove nasce tutto questo interessamento verso questo tema? Di sicuro oltre all'interesse suscitato dai singoli casi come successe ad esempio per quello di Piergiorgio Welby, di fondo c'è quell'interesse verso l'appropriatezza della "terapia della cura". Si tratta di discutere del tema che tanto appassiona il dibattito politico e cioè il tema del suicidio o meglio del rapporto tra terapia e cura.
La società che deve prendersi cura di queste persone malate come deve comportarsi? Inoltre, vorrei rivolgere una domanda provocatoria al mondo politico. Esistono malattie inguaribili? Certo ci sono malattie in cui non si può restituire all'organismo malato la sua piena integrità. Inoltre, esistono persone incurabili? L'inguaribiltà del male, equivale all'inguaribilità della persona? Quando non è possibile restituire la perfetta funzionalità ad un individuo, dobbiamo abbandonare una persona sul lettino, sia esso un bambino affetto da una malattia progressiva, oppure un uomo con una malattia degenerativa oncologica. 1\Una concezione della medicina che si fonda sul 3440 bene della persona ci porta a ritenere che la cura della persona sia ineliminabile dentro al rapporto tra il medico ed il paziente.
La cura della persona non è contrattabile perché c'è sempre qualcosa che noi possiamo fare per prenderci cura di un malato anche quando non possiamo guarirlo da una malattia. Se invece, come avviene in alcune concezioni alla base di alcuni disegni di legge sul trattamento biologico si ha una concezione contrattualistica in cui tutto è oggetto di contrattazione, anche la cura della persona e proprio qui il medico è costretto ad abdicare nel suo impegno incondizionato nella cura della persona, facendosi strada un delirio di autederminazione che implicherebbe questa sorta di abbandono. Se da una parte c'è il diritto del malato ad avere una cura dall'altra c'è il dovere del medico ad effettuarla. Però, c'è da dire, inoltre, che c'è anche il dovere del malato di prendersi cura di se stesso ed il diritto del medico di esercitare la propria professione nei confronti del malato.
E' possibile ancora dire che esiste un dovere e cioè prescrivere qualcosa, oppure siamo in preda ad un delirio sociale, e prima ancora culturale e giuridico in cui da una parte è vietato vietare e dall'altra è vietato prescrivere.
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