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18.01.2008 - «Mi dimetto, non voglio essere casta» |
Mastella: «Ora sono un cittadino comune. Nessuna concussione, ma solo politica. Appoggio esterno al governo. Ringrazio Prodi, a lui chiederò se in queste zone la giustizia è uguale per tutti. Non avremo nessuno all’interno dell’esecutivo. Controlleremo e saremo esigenti, non come prima quando il compromesso era una condizione. E lo faremo nel rispetto del programma e su altri aspetti come la legge elettorale. Sono fiero del mio partito, mai preso un euro. Noi non siamo i capi di un’affiliazione mafiosa, non lascio perché non ho commesso fatti di cui debba vergognarmi. Ma ora devo recuperare la mia onorabilità e quella di mia moglie che ci sono state tolte». I Gruppi: «Con Di Pietro la misura è colma» |
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18.01.2008 da "Il Campanile nuovo"
di Luigi Trusio
BENEVENTO - Niente da fare. Nonostante l’invito di Prodi a ripensarci, Clemente Mastella non torna indietro e ha confermato le sue dimissioni da Ministro della Giustizia. Lo ha spiegato a gran voce nel corso della conferenza stampa di ieri mattina all’Hotel President di Benevento. «Ho parlato con il presidente del Consiglio - ha detto l’ormai ex Guardasigilli - e gli ho ribadito la mia intenzione di lasciare l’incarico per una questione di dignità, perché non voglio sentirmi come uno della casta. Daremo l’appoggio esterno al governo Prodi, visto che ora non ne facciamo più parte. Lo stesso vale per la Regione Campania». La sala gremita di fan e giornalisti faticava a contenere la gente. Prima dell’incontro con le testate, c’è stata una pacifica e spontanea manifestazione dell’Udeur, sotto il Palazzo del Governo, con i 34 sindaci del Sannio (con tanto di fascia tricolore) e numerosi altri venuti dalle province di Avellino, Salerno, Napoli e Caserta. Oltre a loro consiglieri regionali, assessori e consiglieri provinciali e comunali, iscritti, simpatizzanti ma anche persone comuni, che hanno voluto testimoniare in piazza la loro solidarietà a Clemente e Sandra Mastella, al sindaco Fausto Pepe, a Fernando Errico e a tutte le altre persone coinvolte loro malgrado nell’inchiesta. Striscioni e bandiere, il popolo del Campanile si è fatto sentire. «Siamo persone perbene», questo lo slogan più urlato, che riassume lo sdegno per essere stati trattati al pari dei camorristi. Dopo il lunghissimo corteo, presenti circa 2000 persone, tutti ad ascoltare le dichiarazioni di Clemente. La maggior parte della gente ha seguito dal di fuori la conferenza, attraverso appositi altoparlanti sistemati all’esterno dell’hotel. Ben presto il traffico in via Perasso si è congestionato e la Polizia Municipale si è trovata costretta a vietare temporaneamente l’accesso, deviando le auto in altre direzioni. Tutto è avvenuto mentre Mastella già snocciolava le sue considerazioni, chiarendo una serie di concetti espressi il giorno prima in Parlamento e stravolti da alcuni quotidiani. «Ho grande rispetto per la magistratura e non ho affatto espresso giudizi negativi contro la magistratura. Ho parlato di frange estremiste - ha evidenziato - ed è a quelle che mi riferivo. Qualcuno ha tentato di strumentalizzare le mie parole. Agli italiani dico: fidatevi dei giudici italiani, ma di quelli seri, non di quei Gip che prima arrestano persone incensurate e poi dicono di non essere competenti». E ancora: «Questo Gip ha arrestato Sandra Lonardo, la cui moralità è molto alta, che è anche presidente del Consiglio regionale. Si arresta oggi così una persona che dimostrerà la propria innocenza. Voglio dire che non chiedo solidarietà preconcetta, ma nessuno può permettersi, senza aver valutato le carte processuali, di emettere giudizi immotivati. Nelle intercettazioni non c’è nemmeno un passaggio in cui si parla di soldi. Questo onora il mio partito. Esprimo la mia solidarietà alle famiglie degli arrestati, innocenti fino a prova contraria. La magistratura farà il suo corso, ognuno di noi risponderà nelle sedi competenti perché siamo innocenti». A proposito dell’accusa di concussione a Bassolino: «Si tratta solo di normali discussioni sui criteri tipici della politica: vorrei capire come mai per quanto riguarda i discorsi dell’Udeur su una nomina io sarei il concussore, mentre per le altre discussioni sulle nomine tra altri partiti in Campania tutto questo non esita più. Non è concussione la discussione su una nomina tra politici: è logica politica». Maschera di contegno, il segretario nazionale dell’Udeur si è dichiarato, rispetto alle indagini «serenissimo, come la Repubblica di Venezia» ed ha poi ringraziato «tutti i grandi democristiani che mi hanno dimostrato affetto e stima: Scalfaro, Andreotti, Cossiga, Ciampi. Quando divenni ministro della Giustizia, Cossiga mi disse: tu e la tua famiglia sarete intercettati. Ed ha avuto ragione. Questa vicenda dimostra che c’è qualcuno che non vuole che ci sia la pace tra magistratura e politica. Questo mio gesto, che vale anche per il Mezzogiorno, spero sia almeno utile a ritrovare armonia. Se non dovesse servire, chi ha provocato tutto questo deve rendere conto a Dio e agli uomini per avere esercitato atti irresponsabili che non consentono al nostro paese di essere libero. Tanta gente del sud paga prezzi enormi, vorrei che queste mie dimissioni rappresentino un barlume di speranza». Da un toccante auspicio ad un’amara constatazione. «Credo che alla Scuola di Magistratura che sta per nascere a Benevento, quello che si è visto l’altra sera in tv sulla conferenza di Santa Maria Capua Vetere andrà mostrato come esempio di come non si debba essere magistrati nel nostro paese. Anche se, sia chiaro, nessuno di noi pretende l’impunità. Se io sbaglio, se i miei amici sbagliano è giusto che paghiamo tutti, ma in questo caso sono state operate misure ingiuste che si adottano per i mafiosi, che non si danno nemmeno a chi è sottoposto al 41 bis». «Quando ho detto di aver paura - ha rivelato il leader del Campanile - non parlavo solo per me, ma per tutti i cittadini cui può capitare che arriva qualcuno a dirgli: c’è un ordine di cattura per te, ma il giudice è incompetente. Un delinquente si aspetta di essere carcerato, una persona normale no. Lo dico con parole di Aldo Moro: non accetterò che il mio partito venga fatto ostaggio». Infine il messaggio al popolo dell’Udeur. «In questo particolare momento chiedo ai miei amici grande compattezza. Non lascio la politica, lascia chi non ha speranza. Io non ho commesso fatti di cui debba vergognarmi. Sono così e non voglio cambiare. A Roma mi vedrete poco, sarò accanto a mia moglie e alla mia famiglia». E via con i ringraziamenti finali ai parlamentari arrivati da Roma, al presidente Prodi «per la stima reciproca e la collaborazione che ci siamo scambiati», a tutti gli amici presenti «che saluto tutti con un grande abbraccio». «Grazie anche a tutti i detenuti incontrati nelle carceri che ho visitato in questi 18 mesi, lo dico perché non dobbiamo lasciarli soli. Bisogna dare certezza alla pena, ma operare anche secondo i criteri della rieducazione». L’ultimo pensiero. «La partita che sto giocando non è politica. Debbo recuperare la mia dignità di uomo perché mi è stata tolta, dopo verrà la politica. Ora ho bisogno di questo. Io e mia moglie siamo persone perbene che hanno faticato per arrivare dove siamo. Non avevamo padri che davano indicazioni ai figli sulla strada da seguire. Non siamo i capi di un’affiliazione mafiosa-politica, siamo un partito che esige rispetto». E’ finita così, con lui che s’allontanava tra due ali di folla. Tutti ad abbracciarlo, a baciarlo, anche solo accarezzarlo. Se n’è andato via con grande compostezza. E’ tornato da Sandra, perché lei ora ha bisogno di lui. Si nutre ottimismo per la vicenda giudiziaria. Per quanto attiene alla sfera politica sarà invece decisivo il Consiglio Nazionale convocato a Roma per i primi di febbraio.
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