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21.01.2008 - Dichiarazione di Clemente Mastella
Roma, 21.01.2007
 

Nella vita di un politico repubblicano eletto dal suo popolo, legato alla sua terra, alla sua famiglia, alla sua cultura e ai suoi valori, viene un momento in cui dire “basta” è una scelta senza alternative.
Una scelta da fare senza strepito, da motivare con serietà, libertà e responsabilità in nome di antichi valori e del bene comune. Da uomo di centro che ha guardato a sinistra, secondo la lezione degasperiana; da ministro della Giustizia che ha operato laicamente per la riconciliazione e il rispetto della separazione dei poteri costituzionali, dell’autonomia della politica elettiva e dell’ordine giudiziario, ciascuno nel rispettivo spazio; da quella persona schietta e sincera che spero di essere riuscito ad essere nel corso di tutta la mia vita pubblica e privata, con i miei talenti di leader popolare e i miei errori, ma sempre accompagnato da una visione e da una pratica onesta della politica, espongo adesso, una volta per tutte, la ferma e pacata motivazione del mio “basta”.
Non mi interessano i dettagli, per quanto dolorosi e avvilenti. I dettagli sono un’inchiesta giudiziaria faziosa e pregiudiziale, condotta con abuso di regole inquisitoriali, a partire dal ruolo inaudito e patologico delle intercettazioni e del loro traffico: un’inchiesta che si è presto trasformata in gogna mediatica, privazione della libertà personale di una mia familiare incensurata e sempre e da sempre a disposizione dell’autorità penale, nuovo tentativo di denigrazione e messa in stato di accusa, del tutto a prescindere dalla capacità di individuare singoli reati e di sanzionarli secondo le regole del giusto processo, della classe dirigente di un partito del sud, di un partito di cattolici impegnati da anni nelle difficoltà e nelle entusiasmanti occasioni della politica italiana. I dettagli sono la mancata, piena solidarietà di amici e alleati timorosi di subire anch’essi la gogna mediatica, l’attacco strumentale e fazioso di personalità ministeriali che dovrebbero guardare il loro passato, e riflettere, più che aggredire il presente e il futuro dei loro compagni di banco. I dettagli sono il dilagante pettegolezzo, la messa in burla e in caricatura di un lavoro onesto che credo in tutta sincerità di aver compiuto nei miei ruoli politici e istituzionali: insomma un vasto e duraturo tentativo di intimidazione ai miei danni, cominciato e finito in ore di trasmissione televisiva confortata da deposizioni di magistrati ora esclusi dalle loro inchieste per la palese incapacità professionale di tenere alto il prestigio della magistratura, un’incapacità sanzionata a schiacciante maggioranza dal Consiglio superiore. Nonostante abbia subito una feroce aggressione, che si concluderà in un nulla di fatto in tribunale ma intanto mi ha portato alla decisone responsabile di lasciare il governo per difendermi da uomo comune, senza scudi e guarentigie di sorta, io non faccio la vittima e non mi lamento per ragioni personali. Il mio “basta” riguarda, come sempre, il profilo pubblico di quello che mi accade, come politico, come Guardasigilli impedito nelle sue funzioni costituzionali da un assedio politicamente e giudiziariamente connotato, come persona che gode della fiducia degli elettori e che fa parte con i suoi amici e compagni di lavoro e di impegno del Parlamento della Repubblica. Un governo e una maggioranza hanno senso se sono capaci di aggredire i mali del paese, non di lasciare per convenienza opportunistica che i suoi membri siano aggrediti da gente di malaffare politico e mediatico e giudiziario. Una maggioranza responsabile si qualifica oggi, questo è il mio chiaro giudizio, dalla sua capacità di restaurare fino in fondo lo stato di diritto, di censurare chi lo viola sistematicamente ricorrendo al mezzo televisivo e alle ordinanze di custodia cautelare per colpire i presunti nemici politici e personali. Una coalizione perbene si caratterizza per la capacità di porre fine allo scandalo della giustizia ingiusta, delle intercettazioni usate come grimaldello per violare i diritti elementari della persona, e questo a ogni livello della vita sociale e politica, dall’uomo comune, dall’imprenditore , dal sindacalista, dal politico al ministro.
Una maggioranza e un governo che abbiano una visione della politica riformatrice, sana e pulita, devono trovare il coraggio di ribellarsi a questo andazzo che mette in discussione le basi della convivenza democratica, e fare argine anche in nome di una generale battaglia per le libertà di cui si sente il bisogno in questi giorni travagliati da intolleranze e spirito di fazione travestiti da pomposo laicismo. Questo non è successo. E nella speranza, che coltivo in modo fervente e sincero, di rendere possibile che questo accada in un vicino futuro politico, con tutte le forze che saranno disponibili a prendere in mano la bandiera della libertà e della giustizia, senza le quali non c’è politica che non sia avvilente pratica politicante, oggi dico “basta” e mi riprendo fino in fondo la mia autonomia di uomo, di politico, di cittadino della Repubblica. Non tratto, non negozio, non accetto mezze misure: mi batto e mi batterò per un governo e una maggioranza in grado di ridare un senso alla giustizia come misura legale e formale di civili rapporti tra gli uomini e le donne che abitano questo grande, straordinario paese, che non merita lo spettacolo al quale è stato condannato da anni d’inerzia, e che sotto gli occhio di tutti.


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