22.01.08 "Il Corriere della Sera"
ROMA — Scuro in volto, come non lo si era mai visto, sale per quel portone di via Arenula come dovesse andare al supplizio. Ci sarà, dicono tutti, un «calcolo politico». Certo che ci sarà. Ma ora è il momento dello sfogo: «Macché legge elettorale, macché Pd, macché Veltroni: io lo faccio per la mia famiglia. Anzi per tutte le famiglie italiane che potrebbero finire ingiustamente sotto torchio come è accaduto a me». A pochi metri c'è il ministero della Giustizia, che già fu suo. Le scale che sale adesso sono però molto più strette: quelle della sede Udeur, partito «minore», come si è detto e ripetuto in questa fase politica, ma «maggiore» per Romano Prodi se capace di far cadere il suo governo.
Entra in una sala affollatissima, legge la sua dichiarazione, scritta a caratteri cubitali: «Basta, me ne vado». Il parterre di giornalisti quasi non ci crede: «Davvero?». «Ma allora non avete capito? La maggioranza è finita». Poi se ne va protetto dai fedelissimi, entra in una stanzetta, gli portano tè al latte e comincia lo sfogone: «Perché l'ho fatto? Per un problema di coscienza. La politica, vi assicuro, viene dopo, molto dopo». E butta giù la sua amarezza: «Hanno intercettato tutti i miei familiari: oltre a mia moglie e a mio suocero, anche i miei figli. Pellegrino, poi Alessia... tutti, anche il mio caposcorta. Hanno messo in mezzo pure Elio. Ma che male ho fatto? Non ho mai preso una tangente. E neanche mia moglie: me l'hanno messa agli arresti senza neanche sentirla prima. Siamo di fronte ad un'emergenza democratica e io scelgo di difendere la libertà».
La famiglia, «tutta» la sua famiglia, nel mirino di un circo mediatico-giudiziario che non accetta. Potenzialmente tutte le famiglie «da difendere».Ma anche la sua persona e il suo partito: «È assurdo arrestare mezzo Udeur campano. Se è così che funziona la legge io mi batto per cambiarla». Perché la verità, secondo Clemente, è una sola: «Ero una casella scomoda, da eliminare: troppo disponibile, troppo aperto, troppo alla mano. Davo fastidio perché lavoravo: unico ministro dell'Udeur nel governo, ne garantivo altri 102 dell'Unione, tra ministri e sottosegretari. Ma solo io devo pagare. Anche se innocente».
Colpa di chi? Qui la voce si fa quasi incerta per la rabbia che cova dentro: «Colpa di quel manipolo di magistrati che sognano di rifare il '93». Cioè una nuova Mani Pulite: «Un'inchiesta assurda, fatta intimidendo la gente». Poi c'è la politica nazionale: «Le ultime settimane non abbiamo fatto altro che collezionare brutte figure, dal Papa ai rifiuti». E si pone come esempio: «Ho dato una lezione di stile. Viene da me, meridionale, anzi campano dell'interno». Per distinguersi dall'altro ministro in odore di sfiducia, Pecoraro Scanio, che invece è di Salerno: «Io mi sono dimesso, altri no». Dell'Unione non salva quasi nessuno, solo Prodi e il ministro Chiti: «Loro sono sempre stati corretti. Ma dagli altri, che solidarietà ho incassato?». Neanche da Veltroni? «Sì, mi ha chiamato, però... se vuole andare al voto da solo, faccia pure».
E già, le elezioni: Clemente le reclama. E, ovviamente, se si va adesso alle urne lo si fa con l'attuale legge elettorale: «Oltretutto a questo punto per Berlusconi, Fini e Casini sarebbe un suicidio cambiare il sistema di voto». Ma è tardi, la scorta è già sulle spine, bisogna partire per la registrazione di Porta a Porta: «Qualcuno rifletta sul fatto che la persecuzione di un segretario di partito è un attentato alla Costituzione». É via da Bruno Vespa, dove dispensa battute al veleno. «Walter? Sì, vincerà le elezioni... quelle del 2500 dopo Cristo». E lui, con chi starà? «Dipende dalla legge elettorale, ci sono tanti amici come Pezzotta...». Di Pietro? «Guardi bene chi lo elegge in Campania». Per finire con Andreotti: «Ha detto che la mia vicenda è più grave della sua».
Roberto Zuccolini
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