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23.01.2008 - Mastella non fa marcia indietro "Sarò al Senato e voterò contro”
L'ex ministro da Ceppaloni accusa il vertice del Pd: sono loro i killer, ma perderanno
 
23.01.08 "la Repubblica" 

Dal nostro inviato Liana Milella

CEPPALONI — Non guarda Prodi in tv, lascia cadere nel vuoto la sua solidarietà. Ormai è troppo tardi. Clemente Mastella non torna più indietro. Lo dice chiaramente ai suoi: «La partita è definitivamente chiusa, siamo fuori. Il resto si vedrà dopo. Tanto il centrosinistra, se ognuno va per conto suo, è destinato alla sconfitta». Ma per affrontare il futuro c'è tempo. Adesso, nel ritiro di San Giovanni di Ceppaloni, bisogna pensare alla famiglia, al figlio Elio fortemente scosso dal terremoto che ha investito la madre rinchiusa agli arresti domiciliari da una settimana.
Per l'ex Guardasigilli, almeno ufficialmente, è una giornata di riserbo. L'altra notte è tornato a Ceppaloni dagli studi di Porta a porta alle 3 di notte, soddisfatto per l'altissimo share raggiunto dalla trasmissione tutta dedicata a lui, si è svegliato tardi, ha ignorato volutamente Prodi, ma ha preparato con i suoi la risoluzione che conferma l'affondamento del governo. Non ce l'ha col premier: «Contro Romano non ho nulla di personale, né astio, né rimproveri. Si è sempre comportato bene. E' stato un uomo leale. Anche per la legge elettorale ha cercato di fare del suo meglio».
Il capogruppo alla Camera Mauro Fabris gli riferisce le parole di Prodi sulla giustizia, il richiamo ai magistrati. E lui attacca: «Sì, Prodi è fatto così, leale fino alla fine. Se fosse per lui sarei ancora nella maggioranza. Ma gli altri, che delusione. Veltroni, Bettini, Franceschini, Soro, uno peggio dell'altro».
Per questo indietro non si torna. «Erano nostri alleati, ma hanno fatto di tutto per farci uscire fuori dalla maggioranza. Ci snobbavano, ci hanno considerato sempre dei cafoni del Sud di cui avevano bisogno solo per governare. Quando hanno potuto ci hanno addebitato ogni possibile malcostume. E tutte le volte che sono stato aggredito mi hanno lasciato solo».
Mastella non perdona il partito democratico di Veltroni. «Sono loro i killer di Prodi. Avrebbero potuto, in un momento di grave difficoltà, starmi concretamente accanto. Non lo hanno fatto. Per questo la partita è chiusa». Lo dirà lui stesso al Senato domani sera. «Sì, ci andrò, parlerò e voterò contro Prodi». Lo conferma ai suoi e taglia via i dubbi sulla sua presenza a Palazzo Madama.
Sta già lavorando al discorso, chiuso nella villa protetta dalla polizia penitenziaria che non lascia avvicinare nessuno. Entrano solo i familiari più stretti come il fratello della moglie. E, per un lungo colloquio, l'avvocato Titta Madia. Fuori restano i giornalisti e il gazebo bianco delle donne che solidarizzano con Sandra.
«Siamo gente perbene, non
siamo monnezza» c'è scritto su un fianco. A Roma impazzano gli interrogativi sul futuro. Che farà l'Udeur del dopo-Prodi? Con una mano Mastella accarezza la moglie e il figlio, con l'altra cerca di rasserenare i suoi a Roma. Ragiona a lungo col suo segretario particolare Francesco Borgomeo che va a trovarlo: «Noi siamo sempre stati al centro. E vogliamo continuare a starci con tutti quelli che ci vogliono stare.
E se si vota con questa legge elettorale lo spazio per vincere c'è, tutto il resto sono chiacchiere». Il capogruppo Fabris gli riferisce delle lusinghe di Berlusconi, ma lui ferma il gioco: «E' presto. Per ora lasciamo perdere lui e Casini. Quando sapremo se si vota allora vedremo. In quel momento si apriranno scenari nuovi, si capirà dove andranno sia Fini che Casini. Magari tutti a Canossa. Allora e solo allora decideremo». Bussano al cancello, arriva il vescovo di Benevento Andrea Moggioni, un suo vecchio amico. E poi, quando ormai s'è fatto buio, anche il ruandese don Robert, il parroco di Ceppaloni. La chiesa gli sta vicino. Ma, per Mastella, non è una novità.
Come commenta uno dei suoi «questa non è politica, è affetto

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