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02.04.2008 - Garanzie non rispettate
02.04.08 da "Il Mattino" di Roberto Martinelli
 
Ha tutte le ragioni di questo mondo Clemente Mastella a parlare di un vero e proprio attentato a libertà e prerogative riconosciute dalla Costituzione. È un fatto che la sua iscrizione nel «registro degli indagati» nell'inchiesta Why Not non gli è costata solo la poltrona di ministro della Giustizia. La divulgazione di quella notizia, in aperta violazione del segreto investigativo, ha intaccato notevolmente anche la sua immagine di uomo politico.
E ora che la pubblica accusa ha fatto marcia indietro, riconoscendo che non esistevano neppure gli estremi e la condizione per accostare il suo nome a quello di altre persone sotto inchiesta, è perfettamente giustificata la sua richiesta di investire il capo dello Stato nella sua funzione di presidente del Consiglio superiore della magistratura. L'eccezionalità dell'evento sta nel fatto che a fare questa richiesta sia l'ex titolare di quel dicastero che durante i suoi quasi due anni di permanenza nel palazzo di Via Arenula ha avuto modo di constatare di persona i guasti e i difetti della macchina giudiziaria del nostro Paese. Clemente Mastella è stato certamente vittima di un errore del magistrato che, non si sa per quale ragione, ha ritenuto di dover indagare sui suoi rapporti con uno degli indagati della sua inchiesta. Una volta presa questa decisione, è scattata la norma del codice di procedura penale che impone l'iscrizione in quel registro che volgarmente viene definito «degli indagati», ma che tale non è. Si chiama, infatti, registro delle notizie di reato e, nell'intenzione del legislatore, avrebbe dovuto costituire una sorta di garanzia a tutela del cittadino. Nel senso che l'iscrizione in questo registro impone alla pubblica accusa di rispettare i termini entro i quali una indagine si deve chiudere in un senso o nell'altro. Il pubblico ministero dovrebbe procedere a tale iscrizione solo quando dall'inchiesta emergano precisi elementi indizianti e non meri sospetti. Ma nella realtà delle cose egli ha ampi margini di discrezionalità sui quali neanche il giudice ha poteri di intervento. È fatta salva solo la possibilità di configurare, ma solo dopo, ipotesi di responsabilità disciplinari. In questo caso il magistrato che voleva inquisire Mastella è stato già sanzionato per aver violato la regola che impone a ogni singolo appartenente all'ordine giudiziario di rispettare sempre la dignità delle persone. E proprio in quella occasione il capo dello Stato aveva detto che la missione del magistrato è quella di applicare e far rispettare le leggi, attraverso un esercizio della giurisdizione che coniughi il rigore con la scrupolosa osservanza dei principi del giusto processo e delle garanzie cui hanno diritto tutti i cittadini. Più in particolare, questo dovere deve essere osservato dal pubblico ministero. Nelle indagini preliminari, egli è l'interlocutore diretto dell'indagato che, prima di ricevere l'informazione di garanzia, non è neppure assistito da un avvocato. Ecco allora l'esigenza di rispettare, soprattutto in questa fase, la presunzione di innocenza della persona indagata. Il che non sempre accade e anzi si assiste a episodi che dimostrano l'esatto contrario quando si viola il segreto investigativo soffiando al cronista il nome della persona iscritta in quel registro quasi a voler anticipare un giudizio di colpevolezza. Ciò che è capitato a Clemente Mastella accade purtroppo ogni giorno e continuerà a ripetersi se i codici deontologici di magistrati e giornalisti continueranno a essere ignorati

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