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02.04.2008 - Mastella assolto. Ora cari giudici chi lo risarcirà? |
02.04.08 da "Libero" di Gianluigi Paragone |
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In Italia c’è un problema che si chiama magistratura inquirente. Ne stavamo parlando nei giorni tragici di Gravina di Puglia, allor quando si scopriva che due bambini erano caduti accidentalmente in un rudere abbandonato, morendo poi di stenti, e che dunque il papà era in carcere ingiustamente, con l’accusa di duplice omicidio. Poi Gravina è uscita dalle cronache e delle responsabilità dei pm non se n’è più parlato. Così come accadde in altre circostanze. A Perugia e a Garlasco per esempio. Così come ci piacerebbe sapere com’è finita l’apertura di un fascicolo contro un vescovo per la riesumazione di Padre Pio.
Certo, l’infallibilità non appartiene a questo mondo. Men che meno al mondo delle toghe. Però, quando i darmi sono gravissimi, neanche si può far finta di nulla. E di ieri la notizia che l’ex Guardasigilli Clemente Mastella, con le indagini di Why Not, non c’entrava niente di niente. Zero assoluto. Eppure per colpa di quell’indagine, un magistrato è diventato un mito popolare, è salito in cattedra persino in una stanza dell’Europarlamento, ha concesso interviste assai dure. Insomma, grazie alla sponda di una certa stampa e di Beppe Grillo è diventato l’emblema dell’arroganza politica. Almeno così dicevano. Di contro, per colpa di quell’indagine, un politico è diventato un perseguitato, una vera vittima. (...)
(...) Tanto che ora chiederà i da al Capo del lo Stato. Quel politico si chiama Clemente Mastella. A molti il suo nome fa venire l’orticaria. Sacrosanto, legittimo, se ciò avvenisse nell’ambito di quella cosa democratica che si chiama voto. Non perché tolto dimezzo dalla magistratura. Invece è accaduto esattamente ciò. Clemente Mastella non siederà in parlamento non perché l’Udeur è un piccolo partito, ben sotto la soglia del quattro per cento alla Camera o l’otto al Senato. No. Clemente Mastella non corre alle elezioni perché azzoppato illegittimamente da un pubblico ministero con visione manichea della propria funzione: i buoni di qui ei cattivi di là. E mi starebbe anche bene se i cattivi coincidessero con i colpevoli rispetto al diritto.
Mastella potrà anche interpretare la politica a modo suo, ma finché resta nel lecito, spetterà solo agli elettori promuoverlo o bocciano. Funziona così in democrazia. Su Mastella abbiamo assistito a un linciaggio mediatico, costruito ad arte. Un linciaggio finanche semplice da eseguire: terun, ex dc, voltagabbana, amico degli amici. Mastella prendeva l’auto blu? Pappone. Mastella prendeva l’aereo di Stato? Superpappone. Mastella metteva un dirigente all’Asl di Benevento? Papponissimo. Ora però si scopre che Mastella non era più pappone degli altri. E fintanto che la politica è questa, Mastella ha di ritto di starci. E non tocca a un giudice drammatizzare il Monopoli del potere se questo è legittimo ai fini del diritto. Mastella non doveva neanche essere scalfito da quell’inchiesta; lo dice il procuratore generale. C’è stato un vulnus dei diritti individuali e politici. Il presidente della Repubblica, che è capo del Csm, non può stare zitto. E se sta zitto, vuoi dire che sbaglia due volte. In questi ultimi mesi abbiamo assistito - e forse l’andazzo non è mica finito - a un sequel di Tangentopoli. Allora era abuso delle manette e della carcerazione preventiva; oggi è abuso della carcerazione preventiva e delle intercettazioni telefoniche. Ti spio al telefono e poi ti sputtano di fronte all’opinione pubblica. Evviva. Poi due bambini fIniscono in un rudere e siccome il papà al telefono avrebbe detto alcune cose, si è preferito dar retta alla cornetta del telefono anziché ispezionare quel maledetto luogo dove giocavano. E vorrei anche ricordare che se un altro bambino non ci fosse finito dentro, i corpi dei bimbi scomparsi a Gravina molto probabilmente sarebbero ancora li. E il papà agli arresti con l’accusa di omicidio. Il caso Mastella e il caso Gravina sono paradigmatici di una magistratura inquirente i cui poteri andrebbero rivisti. E visto che ci siamo sarebbe anche ora che i magistrati rispondessero delle loro azioni in termini di responsabilità personale o di voto popolare.
Una riforma della giustizia è quanto mai necessaria, non solo in termini di riordino delle carriere o di mera organizzazione. Va fatta una riforma a tutto tondo, che parta dai poteri della magistratura e finisca con la durata dei processi. In questi anni abbiamo assistito a un boom di arbitrati: vuoi dire che non ci si fida dei tempi della giustizia. Le multinazionali non investono in Italia anche per paura di finire intrappolati nella procedura civile, ieri Berlusconi ha messo a tema questo argomento, ma ha anche detto che la riforma della giustizia va scritta a quattro mani con il Pd, nel quadro di quelle intese bipartisan di cui tanto si parla. In teoria, il Cavaliere ha ragione ma fa i conti senza l’oste Di Pietro. Tonino è ancora quello di Mani Pulite, è la sponda politica di certi magistrati d’assalto. Tonino è nel Pd. E il Pd di Veltroni è orgoglioso di averlo in forza. Quale riforma vuoi fare allora Berlusconi con Veltroni?
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