«Subito una legge uguale per tutti» Mastella: sui rapimenti c'è disparità RAFFAELE INDOLFI
«Sui sequestri la legge non è uguale per tutti». A dirlo è stato il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, rispondendo alla domanda di un giovane durante un dibattito nei locali della parocchia San Michele, nel rione Salicelle di Afragola, alle porte di Napoli. «Per i sequestri all’estero si tratta, in Italia no». Allora, ministro, non hanno fatto bene i magistrati di Torino a bloccare i beni della famiglia della giovane rapita, prima di sapere che sarebbe stata rilasciata? «È la legge e non si può fare diversamente. È giusto che si blocchino i beni anche perchè la normativa ha dato finora buoni risultati». Quindi non va annullata? «Certo che no. Anche perché se si accettasse una logica diversa, quella in base alla quale ogni famiglia che subisce il ricatto di un sequestro tratti in proprio, aumenteremmo a dismisura il volume di affari della criminalità. Ci sarebbero ricatti in permanenza». La legge fu fatta per questo. «E sì. Anche se so, purtroppo, che qualche genitore che ha avuto un figlio rapito la percepisce come una norma dura, spietata. Però è anche vero che è stata utilissima contro i sequestri. Ha funzionato da deterrente». Le famiglie allora non possono trattare, ma lo Stato sì? «No, non dovrebbe farlo, ma quando comunque questo avviene, si pongono i problemi». Quali? «Se la norma che blocca i beni, e di fatto impedisce la trattativa, vale in Italia ma non all’estero, molti si chiedono come mai c’è questa disparità di trattamento. I problemi si pongono se tu dai mano libera allo Stato, mentre invece blocchi le famiglie». Cioè bisogna finirla con lo Stato che può trattare e le famiglie no? «Sì». E allora che cosa propone? «Non c’è una formula precisa. Ho i miei dubbi e non ho granitiche certezze per dire cosa bisogna fare. Ma è ovvio che qualche problema affiora e bisogna anche affrontarlo». Ma non le pare che così dicendo si associa anche lei alla polemica del centrodestra contro il governo per la liberazione di Mastrogiacomo? «No. Io non faccio riferimento a fatti recenti. Non c’è stato solo il rapimento di Mastrogiacomo. È ovvio che all’estero scattano centomila ragioni. Ma io credo che sia giusto introdurre con la legge degli ambiti certi, rendere tutto chiaro, trasparente». Come? «Partendo dal fatto che la vita umana è sacra e viene sempre prima di ogni altra cosa, stabiliamo che quando il rapimento avviene all’estero lo Stato può trattare. Non facciamo più finta che non c’è la trattativa quando, invece, ce ne sono diecimila». Lo Stato ha trattato per Mastrogiacomo? «Non lo so. Non sono stato protagonista della vicenda. Mi attengo a quanto ha dichiarato il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema. E ho il dovere di associarmi a quello che ha detto. E sono in sintonia con lui. Ma se debbo fare riferimento a quello che si sentiva dire prima che fossi ministro... beh si ritiene che si sia trattato. Questo non mi scandalizza. Salvare una persona è doveroso e sacrosanto. Però, ripeto, facciamolo con una legge ordinaria in modo che chi si trova in territorio italiano sa che c’è una disparità regolata dalla legge. Non ci deve essere un genitore che possa dire: avete trattato all’estero e io, in Italia, non posso farlo per salvare mio figlio. Se si conoscono quali sono i diritti e i doveri, non ci sarà più uno Stato che ha figli e figliastri. Discipliniamo il tutto. Visto che si tratta all’estero, tanto vale stabirlo per legge».
|