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02.07.2008 - "Partiti filtro vitale nel rapporto istituzioni-cittadino" |
02.07.08 "Il Campanile Nuovo" Dibattito e riflessioni sul tema della democrazia. Il leader dell’Udeur: «Che ne è stato del concetto di solidarietà tanto caro alla Dc?». Galli della Loggia, Panebianco e Macaluso mettono alla sbarra la legge elettorale |
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2 giugno 1946. Una Data? Un simbolo? Un ricordo? Molto di più. Certamente un valore, un grande valore. Che, nell’era globale ancor più, rappresenta a buon merito una conquista. Grande, addirittura straordinaria, per chi, come noi italiani, si trascinava dietro una sorta di impietosa carcassa, amara, e sconvolgente quale era stato la dittatura fascista.
Ed è proprio nel nesso di svolta tra dittatura e democrazia che si è dipanato, nel contesto austero del chiostro di San Nicolò a Spoleto, il dibattito che ha visto quali relatori, Ernesto Galli Della Loggia e Angelo Panebianco. Con loro, Clemente Mastella ed Emanuele Macaluso.
Non un semplice confronto tra tesi, talvolta antitetiche - anche per via di storie umane e politiche diverse - ma una analisi accademica intorno al concetto di pienezza relativo alla democrazia, alla sua presunta compiutezza, con revisionismi che hanno anche saputo allargare e superare il perimetro di alcuni mondi, ad esempio quello cattolico e quello comunista, che in molti casi, seppur viaggiando su rette parallele hanno trovato punti di coesione e di uniformità sul bene stesso e più prezioso, forse, della democrazia, e cioè quello della partecipazione. Di qui, il là di Galli della Loggia, per una disamina, anche severa, del ruolo dei partiti, delle loro responsabilità, nel traghettare un Paese fortemente caratterizzato dalla questione meridionale e dall’approccio politico-istituzionale Nord-Sud. Ed è su questo che Macaluso, ex Pci, migliorista, ha caratterizzato la difesa dei partiti, anche con la loro nomenklatura, ma «certamente filtro vitale – ha sottolineato Clemente Mastella – nel rapporto tra istituzioni e cittadino».
Quelle istituzioni, «oggi deboli, mentre una politica forse ancora più debole – ha spiegato Mastella – alimenta il disagio tra vertice e società civile». Una società civile che Galli della Loggia, forse provocatoriamente, considera matura democraticamente, «ma che in realtà – ribatte Mastella – non rappresenta altro che lo specchio e, sostanzialmente, il rovescio della medaglia di una certa politica italiana».
Di certo, e su questo convengono un po’ tutti i relatori, compreso, Panebianco, e «con tutti i limiti di un Paese fortemente caratterizzato dalle sue specificità, i partiti, e in primo luogo la Democrazia cristiana e per certi versi il Pci, hanno dato all’Italia quello sviluppo che ha saputo interpretarsi nel cosiddetto “miracolo italiano”; un «miracolo – ha specificato Macaluso – che, se pure, ha visto la nascita della cattedrali del deserto, ha realizzato ricchezza, produttività ed interventi straordinari in quel Mezzogiorno che, dalla riforma agraria ad oggi, rappresenta ancora una questione aperta». Insomma, partiti uguale democrazia. Una democrazia, quella italiana collegiale. «Sì, collegiale». Questa la formula audace e, forse originale della serata, con la quale Clemente Mastella teorizza «la compiutezza democratica italiana in relazione ai partiti, ma anche a tutto ciò che di più alto contribuisce al criterio della partecipazione». Una partecipazione che non può raffrontarsi ad altre democrazie, ad esempio quella americana – che pure molti prendono a modello – perché ha sempre posto al centro dell’attenzione l’uomo (giustamente), ma soprattutto la solidarietà. «Un concetto caro alla Democrazia cristiana – ha spiegato Mastella – di cui oggi nessuno parla più, e che, probabilmente, i partiti stessi, nella loro fase crepuscolare, non hanno più avuto la forza di coltivare né di rivitalizzare».
Una dissolvenza impietosa, che ha pienamente coinciso con il passaggio dai grandi partiti strutturati – «che poi certamente hanno debordato dalla loro missione» ha sottolineato Macaluso – con i loro limiti, ma non certamente quello della dialettica, anche partiti personali, che addirittura con una legge elettorale «sciagurata» (su questo hanno concordato tutti gli oratori) nomina i loro rappresentati in Parlamento “manomettendo” così quel concetto di partecipazione che è proprio della democrazia. E, quindi, l’involuzione certamente politica ed istituzionale che ha condotto da una democrazia collegiale ad una bipartitica, dove si fa, perfino, fatica a scegliere, non solo i «partiti – ha spiegato Mastella – ma anche a quale gruppo iscriversi». «Meglio il Mattarellum», sottolinea Galli della Loggia. «Meglio il Mattarellum con almeno una preferenza», insiste Macaluso. «Meglio dunque un sistema – ha spiegato l’ex esponente del Pci – dove la gente, i cittadini tornino a scegliere, guardino negli occhi i loro candidati». «Perché oggi – dice Mastella –, ed è questa l’abnormità politica, è venuto meno nel concetto di partecipazione anche il cosiddetto criterio della territorialità». Una metamorfosi profonda, che di fronte «all’incompiutezza di un Partito democratico che non si sa bene cosa sia» non lascia al cittadino nessuna possibilità di partecipazione, ma anzi ha aperto le porte ad un Pdl che «proprio nella mancanza di collegialità» – ha ben spiegato Macaluso – (non si sono mai fatti congressi, non ci sono correnti, non si è mai discusso) ha posto le radici per radicarsi nelle istituzioni.
«Istituzioni più deboli – ha sentenziato Mastella – anche perché i partiti sono deboli, come lo stesso Pd, al quale non ho partecipato proprio per questa mia convinzione». Una convinzione che nel sillogismo di Emanuele Macaluso ha prodotto due prime massime: 1) in Italia si cambiano solo tante sigle ma i dirigenti restano gli stessi; 2) il Pd ha pensato che mettere insieme due forze deboli facesse una forza grande, ed invece due mezze “schifezze” hanno fatto una “schifezza”. Insomma, debolezza dei partiti che fa rima con debolezza istituzionale ma anche democratica. Partiti, dunque, che non hanno saputo rinnovarsi ed interpretare, forse, fino in fondo, i tempi di un Paese che cambiava. «E già – ha spiegato Mastella – è improprio, a mio avviso, che sia stata l’opera di Mani Pulite a mettere in ginocchio i partiti. Io credo che quei partiti, la stessa Dc, ma anche il Pci, che mai ha saputo trasformarsi, ad esempio in socialdemocrazia come in altri paesi europei, avessero esaurito la propria funzione. Mi domando, e domando – ha chiesto Mastella – cosa sarebbe accaduto e cosa sarebbe cambiato se nel ’94 Mino Martinazzoli con il Partito popolare, invece di percorrere la strada della “solitudine” alle politiche avesse scelto di allearsi o con la destra o con la sinistra?».
Un dubbio, ma anche un grande interrogativo. Un interrogativo, che se all’epoca sciolto «senza errori tattici – ha sottolineato Panebianco – forse non avrebbe portato nemmeno alla discesa in campo di Silvio Berlusconi». Ma si sa, che con i se e con i ma non si è fatta mai la storia.
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