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26.01.2009 - Mastella: ho pagato un prezzo altissimo, ma grazie a me il marcio è venuto fuori
 

di CLAUDIO SARDO
ROMA - «Mi hanno intercettato illegalmente, hanno colpito me e la mia famiglia senza riguardo, volevano farmi fuori da ministro della Giustizia. Ho pagato un prezzo personale altissimo ma la consolazione è che, senza di me, il marcio non sarebbe venuto fuori». Clemente Mastella si considera la vittima per eccellenza dell’inchiesta Why not, dunque del lavoro comune De Magistris-Genchi. «Volevano distruggermi perché ero ministro. Non intendo andare oltre con i sospetti. Li tengo per me. Anche se mi pare fin troppo evidente il collegamento con i progetti di riforma che avevo elaborato per il governo».
Lei, soggettivamente, sarà anche certo del complotto ai suoi danni. Ammetterà però che è difficile offrire all’opinione pubblica prove incontestabili.
«Non io ma i Ros inviati a Catanzaro hanno verificato che ero intercettato illegalmente, nonostante Genchi sostenesse che neppure conosceva il mio numero di telefono. Non io ma un giudice ha rilevato con sorpresa che, fra tanti politici che avevano contatti ben più frequenti con Saladino, l’inchiesta si era incredibilmente concentrata su di me. Volevano colpire, delegittimare il ministro della Giustizia. Ero il solo esponente politico ad essere intercettato sistematicamente sulle mie utenze, come lo erano gli uomini della mia scorta e i miei familiari. Peraltro, non va dimenticato che contemporaneamente ero intercettato anche dalla procura di S. Maria Capua Vetere».
A questo punto deve essere più esplicito con i sospetti. Volevano colpire lei per far cadere il governo Prodi?
«Non lo so. Può anche darsi che volessero far fuori me, azzerare ogni tentativo di riforma e magari consentire a Prodi di proseguire sempre più debole. Comunque, l’accanimento contro il sottoscritto aveva una valenza politica. Ricordo che il gip di S. Maria Capua Vetere decise contestualmente l’arresto di mia moglie e la propria incompetenza. E lo fece il giorno che, da ministro, dovevo presentare in Parlamento la relazione sullo stato della giustizia. Ricordo ancora che, per presunte richieste di raccomandazioni, sono state formulate contro di me o i miei amici accuse penale pesanti, mentre ora vedo che i giornalisti-teologi della moralità definiscono ”marachelle” quelle stesse cose fatte da parenti di altri leader...»
Non sbagliò anche lei provocando la fine del governo Prodi?
«Fino al 16 gennaio dell’anno scorso sono stato il più leale con Prodi. Poi, indipendentemente da me, Prodi sarebbe caduto lo stesso perché non aveva più la maggioranza».
Sulle intercettazioni è d’accordo con Berlusconi?
«Resto convinto che la soluzione più equilibrata sia quella che avevo proposto al Parlamento. È inutile intervenire sulla tipologia dei reati. Le attività di indagine non vanno compresse. Bisogna intervenire invece con rigore per garantire la privacy. E bisogna ridurre i centri di ascolto, anche per ridimensionare le spese che attualmente sono esorbitanti».
Confida nella riabilitazione per rientrare in politica?
«Alla politica sono già tornato. A farmi cadere è stata una forza più grande di me. Ma sono di nuovo in piedi. E a giugno, alle amministrative e alle europee, il mio movimento ci sarà».
Come si comporterebbe se fosse introdotto lo sbarramento al 4% anche per le elezioni europee?
«Non sono contrario allo sbarramento. Ma una simile riforma va fatta un anno prima, non due mesi prima delle elezioni. Oggi sarebbe solo un atto di forza, una prova di dittatura dei partiti maggiori, un colpo alla democrazia. Mi auguro che Berlusconi dica di no alla richiesta di Veltroni. E comunque il Pd deve sapere che non trarrà alcun vantaggio dall’eliminazione di suoi potenziali alleati. Anzi, andrà incontro ad una sconfitta storica, superiore persino a quella delle politiche. Perché né noi, né Rifondazione, né credo altri ci alleeremo più con il Pd alle amministrative».




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