DA LA STAMPA DEL 27 DICEMBRE 2009
di Maria Corbi
La prima cosa che ti colpisce entrando nella casa romana di Sandra e Clemente Mastella è l’assoluta mancanza di clima natalizio. C’è l’albero con luci e palle dorate, c’è il presepe di porcellana, anche i dolci. Ma non c’è festa. Sandra Lonardo è da due mesi confinata qui.
Per lei vige il divieto di dimora in Campania e in alcuni Comuni limitrofi, per l’inchiesta della procura partenopea sull’Arpac: una storia di posti regalati, favori e appalti. «Lo scriva pure sono in esilio, sono una deportata politica, d’altronde questa misura è nata con il fascismo proprio per chi dava fastidio politicamente». Nella piccola casa affacciata sul Tevere dove la (ancora) presidente del Consiglio Regionale campano sconta quella che considera a tutti gli effetti una «pena preventiva contro ogni principio democratico», si aggira anche Sasha, adottata bambina dalla Bielorussia. «Mamma vuoi un caffè?». E’ attenta a quello che si dice, non le piace vivere a Roma, è un po’ in esilio anche lei.
Quest’anno il Natale di casa Mastella, a Ceppaloni, con i cento alberi preparati da Sandra e la casa illuminata a festa («non dimentichi che sono cresciuta in America e io a queste cose ci tengo») è solo un ricordo. «Mi manca soprattutto la gioia che portavano gli amici che venivano a trovarci». Sembra un secolo fa. Oggi è tempo di difendersi. «Da cosa poi? Hanno detto che io e Clemente siamo a capo di un gruppo costituito per accrescere il nostro potere clientelare attraverso una serie di azioni che arrivano fino al commettere delitti. Ma mi chiedo io quali delitti? Si può accusare qualcuno di associazione a delinquere e poi non spiegargli quali sono i reati? Tutti i partiti tentano di accrescere il loro potere e le nomine negli Enti sono di natura politica. Guardi cosa ha fatto Bassolino... noi abbiamo ascoltato la gente che aveva bisogno, come deve fare un politico. Secondo loro avrei raccomandato due primari che non conosco e che hanno dichiarato di non conoscermi. Oppure che ci stilino loro un breviario del buon politico».
Interviene Clemente: «E mi chiedo se io e lei siamo i capi allora possiamo continuare a stare sotto lo stesso tetto a Roma ma non a Ceppaloni? Ha un senso? E ha un senso ricondurre a noi qualsiasi cosa abbia fatto un iscritto all’Udeur? E che questo accada solo contro di noi? Stanno facendo il processo alla politica attraverso di noi. I magistrati sono quelli che quando ero ministro hanno firmato per De Magistris e contro di me». Sandra Lonardo apre il computer, alla pagina di Facebook dove più di duemila persone sono in attesa di una conferma di amicizia. «Vede quanta solidarietà?» Ed è l’unico momento in cui la sua faccia tesa si illumina. «La gente è con noi e per questo io non mi farò da parte, ricandidandomi alla elezioni regionali se il partito lo vorrà». «Per farmi tornare a casa dovrei dimettermi, ma non lo farò. Resisto, non ho neanche chiesto un permesso per tornare nella mia casa di Ceppaloni a Natale perché non avrebbe senso. Se me lo avessero concesso avrebbe significato che a Natale non si delinque?».
Non sorride mai, la Lonardo, la faccia è una maschera tirata, anche se perfetta nel trucco. Ancora sul computer apre il libro che sta scrivendo, appunti sparsi che iniziano il giorno del suo arresto (ai domiciliari), quando dal Tg di Sky apprende la notizia. Si commuove a rileggere le sue parole. Appunti che serviranno ad un libro ma che adesso servono come uno sfogo. L’unico. «La notte di Natale ho ripensato alla mia vita e, non ho dubbi, rifarei tutto quello che ho fatto. Non so quanti di quelli che mi accusano si possono permettere di dire lo stesso, guardando dritto negli occhi il bambinello che nasce».
Sul tavolo di casa Mastella c’è un libro di educazione infantile scritto da Tata Lucia, la Mary Poppins della tv. «E’ per mio figlio», dice. Perché un mese fa è nata Alessandra figlia di Pellegrino. «La sua nascita ha dato un senso alle cose importanti della vita, alla mia famiglia così unita, che sicuramente da fastidio a qualcuno». Una fiammella in un periodo nero: «Vivo una condizione da condannata ancora prima di un giudizio quando nel nostro Paese c'è la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio, fino alla Cassazione».
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