Continua l'affaire Mastella-Di Pietro: ora spuntano altre intercettazioni
Il manager Giorgetta parla delle pressioni subite in carcere subito dopo l’arresto per accusare il leader dell’Udeur.
Le intercettazioni
nostro inviato a Termoli
Alessandro Giorgetta, lei è l’imprenditore che ha registrato le conversazioni con il finanziere di Termoli che le ha rivelato il (presunto) piano per incastrare Mastella. Può dirci come nasce questa storia?
«Allora. Io vengo coinvolto in una vicenda relativa a una presunta truffa utilizzando dei finanziamenti statali. Già in carcere, in modo più o meno diretto, mi veniva fatto sapere che se avessi parlato del “politico” la mia situazione si sarebbe risolta».
Quale politico?
«Ci arriviamo. Appena uscito di prigione contatto l’investigatore che aveva condotto le indagini: mi servivano i documenti che avevano sequestrato. Così, giorno dopo giorno, entro in confidenza con il finanziere che inizia a fare allusioni pesanti: “Ma ancora non l’hai capito che non volevano te ma qualcuno più in alto di te?”. Oppure. “Ma tu non eri amico di Di Pietro? Bell’amico che hai”. A un certo punto inizia a fare il nome di Di Pietro, di Mastella, dell’esistenza di una lettera, che a volte chiama “esposto”, che attribuisce a Di Pietro e che sarebbe all’origine delle indagini su Mastella. Insomma...».
La fermo un attimo. Di Pietro prima ha detto di aver presentato un esposto, poi di non averlo presentato, quindi di averlo presentato ma non su Mastella.
«La interrompo io, mi scusi. Nel mio fascicolo processuale, che contiene tonnellate di carte, l’esposto o la lettera di Antonio Di Pietro non c’è».
Antonio Di Pietro sostiene che l’esposto esiste ed è nel fascicolo 630/2002.
«Ma quello non è il mio fascicolo! La numerazione è differente. Aspetti che leggo... numero... 1867/2002. Non ci sto capendo niente. Se non parla di Mastella perché il finanziere fa riferimento, su Mastella, all’esposto di Di Pietro? Perché il testimone Nardella al mio processo, quello istruito grazie alle indagini del finanziere da me registrato, ha ammesso che la Guardia di finanza gli ha infilato il nome di Mastella, ed anche il mio, nel suo interrogatorio?».
Provi a darsi una risposta.
«Io non so cosa è successo. Solo dopo aver appreso in aula che quel testimone parlava a quel modo del nome di Mastella nel suo verbale, mi sono deciso a portare i nastri alla procura di Bari competente a indagare sulla procura di Larino, quella della mia inchiesta. All’inizio nemmeno ci volevo credere a quel che diceva il finanziere. Poi, però, è stato sempre più preciso, ricco di dettagli. Quando il testimone in aula se ne è uscito così, ho capito tante cose. E adesso scopro effettivamente che Di Pietro ha presentato un esposto. Bah».
Ma Antonio Di Pietro era suo amico?
«Sì, lo era. Gli ho fatto anche i lavori a casa. Ma ormai è un po’ che non lo sento. Lui si ricorda molto bene di me».
Andiamo al politico. È vero che quand’era in cella le proposero un accordo, tipo, ci dia Mastella e finisce tutto?
«A questa domanda preferirei non risponderle».
Pensa di essere finito in un gioco più grande di lei?
«Non ci sono dubbi. Già l’inchiesta faceva acqua da tutte le parti, in più ci si è messo questo finanziere con le sue rivelazioni esplosive, poi è cominciato il processo ed è comparso quel teste a dire quelle cose. Se uno dovesse fare due più due, il risultato sarebbe devastante. I conti, comunque la vogliamo mettere, non tornano».
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